giovedì 24 novembre 2022
Siamo orfani. E come capita agli orfani ci riempiamo gli occhi di ricordi. Pullulano sulle piattaforme televisive i documentari – capaci di strapparci tanti “io c’ero” e qualche lacrima – sui Mondiali del 1982 e del 2006, sulla partita del secolo Italia-Germania 4-3, su Pablito Rossi, sul vecio Bearzot... E le pagine orfane d’Italia si riempiono di silenzio, sì, ma quello iraniano. “Repubblica” (22/11): «Iran, la potenza del silenzio». “Corriere” (22/11), in prima: «L’Iran porta la protesta al Mondiale». All’interno, su due pagine, la squadra muta schierata in campo: «Iran, un silenzio che fa rumore». La retorica è in agguato («Tre minuti che fanno la storia del Mondiale») ma ci pensa l’inviata Adriana Ravelli a far emergere le contraddizioni, con i coraggiosi iraniani e la pavida Fifa che proibisce la fascia arcobaleno ai capitani minacciandoli di cartellino giallo – una nota sul registro ai discoli – per non turbare i potenti qatarioti, sai mai che si offendano e ti neghino la merendina: «L’abbiamo capito: sarà un Mondiale che si gioca surfando sull’ipocrisia. Sì alle ragioni dell’inclusione e dei diritti, ma senza esagerare, senza turbare l’ordine in campo». Ah, la retorica: quando ci vuole ci vuole, deve pensare uno che vi è avvezzo e sa maneggiarla come Renato Farina su “Libero” (22/11): «Quegli undici sono orgoglio di tutti noi... È incredibile il potere del silenzio... Undici uomini non facendo nulla, meticolosamente niente, hanno scosso le fondamenta di una tirannide», con saggio consiglio finale: «Non tornare a casa» se ci tenete alla pelle. Non che tutti siano concordi, specialmente in Iran: «Traditori» sibilano alcuni (molti?) in patria (“Repubblica”, 22/11). E c’è chi avrebbe voluto di più. “Corriere” (23/11): «Il silenzio dei calciatori iraniani divide gli attivisti: “Furbata. Non dovevano giocare”». Sul “Giornale” (22/11) Vittorio Macioce punta il dito verso i calciatori pusillanimi: «Sarebbe stato bello vedere i capitani, tutti i capitani, prendersi in faccia un giallo, perfino un rosso, senza abbassare lo sguardo, un prezzo quasi inesistente per una rivoluzione. In Iran la sfida contro gli Ayatollah la stanno pagando con carne e sangue. Il cartellino giallo per loro è la morte». E chissà se gli arbitri l’avrebbero davvero sventolato, quel cartellino. © riproduzione riservata
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