Succede a volte di pensare che i testi più attraenti di una letteratura siano spesso quelli "minori": non i libri programmati per l'editoria, costruiti secondo un piano architettonico riconoscibile, libri cioè che non soltanto si impongono al lettore ma vogliono imporsi: per esempio la saggistica accademica corredata da impeccabili bibliografie su "grandi temi", o la saggistica d'attualità sull'argomento di cui parlano tutti i media, o i romanzi di genere (polizieschi, thriller, malavita, sesso proibito, corruzione politica, situazioni estreme, catastrofi "). Naturalmente ci sono capolavori che appartengono a queste categorie: «Robinson Crusoe» (situazione estrema), «Delitto e castigo» (omicidio filosofico), «Madame Bovary» (sesso proibito), «L'isola del tesoro» (malavita); o monografie come «La cultura del Rinascimento in Italia» di Burckhardt, «Il Capitale» di Marx e la «Democrazia in America» di Tocqueville " Ma ci sono epistolari, riviste, diari, raccolte di pensieri che nascono da necessità contingenti, impulsi personali e momentanei, dal puro bisogno di dialogare o monologare: in sostanza non-opere, più che opere, ma senza le quali non si capirebbe un'epoca, una società, un evento storico. Penso a riviste come "Il Caffè" di Verri, la "Rivoluzione liberale" di Gobetti, "Il Politecnico" di Vittorini, all'autobiografia di Aleksandr Herzen «Passato e pensieri» e allo «Zibaldone» di Leopardi, alle «Lettere dei condannati a morte della Resistenza europea» e alle «Lettere da Stalingrado». Ma fin qui siamo agli esemplari più famosi. Vorrei aggiungere che fra le recensioni e le lettere di Pasolini ci sono le pagine migliori della sua opera. Certi articoli e ritratti di Parise hanno la naturalezza di una pianta o di un cristallo. I diari di Gombrowicz sono forse il suo libro più bello. I brevi saggi di Elsa Morante pubblicati postumi in «Pro o contro la bomba atomica» sono grande "musica da camera".
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