Una bella scuola alla periferia della città, o meglio di quella che un tempo si poteva chiamare periferia, ma che oggi è la parte più estesa di questa capitale che si allarga come l'olio su una tavola. Un giardino ben tenuto circonda la costruzione che offre aule e stanze chiare e pulite. Sono stati i genitori dei ragazzi che hanno contribuito volontariamente a rimettere a posto le aule, i corridoi, la stanza della musica, mi dice la Preside con il suo fare gentile e familiare quasi non dovesse tenere tranquilli tanti giovani nell'età difficile dei 13 e 14 anni, ma una grande e vivace comunità di figli suoi. Ora sono qui, seduti sul pavimento di una luminosa palestra, attenti ad ogni rumore, distratti per ogni cosa che passa, ma poi silenziosi quando l'insegnante dice: «Ecco la signora che, risponderà secondo la propria esperienza, alle vostre domande e a tutto ciò che vorrete sapere sulla vita del nostro paese nel primo dopoguerra». Pensai che non avrei potuto parlare di quella politica che si era riversata come un fiume in piena sulle nostre vite dopo tanti anni di silenzio, né che sarebbe loro interessata una statistica sulle difficoltà economiche che ci aveva lasciato una guerra perduta. Allora ricordai per loro quella parte della mia vita che corrispondeva presso a poco alla loro età di oggi. Raccontai che avevo due paia di scarpe e mi sembrava di essere ricca abbastanza, che la mia bicicletta rispondeva per me all'aereo che mi faceva libera, che non esisteva una moda per i giovani, ma che l'eleganza per la nostra età era portare i libri di scuola sotto il braccio legati con un largo elastico colorato. Ricordai che i laureati che erano senza lavoro andavano a raccogliere la verdura e la frutta nelle campagne per guadagnare la giornata, che gli operai venivano assunti dalle imprese di Stato anche solo per spostare la terra da una parte all'altra della strada solo per dare loro la possibilità di vivere. Fu un periodo difficile, ma positivo per un popolo che voleva risorgere e soprattutto partecipare con un voto alla scelta di chi lo avrebbe governato. Era la prima volta che si votava, ma la gente attendeva con pazienza in lunghe file. Si aveva la certezza che la politica poteva far parte della vita di ognuno. Nei primi tempi della pace il pane era talmente poco che un giorno il capo del governo fu costretto a telefonare in America perché ci mandassero del grano. E una nave, come nelle favole, dopo pochi giorni arrivò al porto di Napoli colma di sacchi di grano. Conoscere la storia del nostro Paese negli anni della ricostruzione è utile ai ragazzi di oggi anche per accettare quei sacrifici che ognuno di noi deve in questo momento affrontare. Anche voi ragazzi che dovete rinunciare a qualche cosa che amereste avere, aiutate nel modo migliore a salvare quella politica che vorrebbe offrire un miglioramento della vita per i prossimi anni.
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