Sarà merito della Quaresima, che invita all'astinenza anche dalle «chiacchiere» online, ma in questi giorni non sono bastati 3 argomenti top – la “biopolitica cattolica” e i consueti “Papa quotidiano” e “religioni e violenza” – per arrivare al 50% dei link che ho seguito.Confina col “Papa quotidiano” la storia di Cecè, ovvero Cesare Cicconi: quel malato che Francesco, avviando il suo magistero dei gesti di misericordia, si fermò a salutare con affetto il 19 marzo 2013, in piazza San Pietro, prima della Messa d'insediamento. Ce la offre Korazym (http://tinyurl.com/p9ues66 ) dopo averci annunciato, insieme a pochissime altre fonti, che Cesare è morto, a 52 anni. Ma fa tutto un altro effetto leggerla adesso, raccontata con calma e in prima persona (un'ora almeno di testimonianza alla sua Unitalsi), senza il filtro dei media rosa che lo presero d'assalto, come spiega lui stesso con divertimento, due anni fa.Ma se segnalo questo testo, non è solo per l'emozione che ho provato leggendolo. È anche per quel che mi dice sulla comunicazione. Primo: c'è uno del quale nel 2013 abbiamo voluto sapere tutto, ma che adesso non sapevamo più nemmeno se era vivo. Andate sul suo profilo Facebook, che è ancora attivo, e vedrete che aveva 374 amici: veri, ci giurerei. Grazie a chi ci ha fatto sapere che in Cielo abbiamo un santo in più.Secondo: c'è un associazione ecclesiale, l'Unitalsi appunto, che aveva in casa propria un testimonial formidabile (prima di Francesco, anche Giovanni Paolo II l'aveva personalmente salutato con pari affetto) e che non se n'è affatto servita, preferendo continuare a “promuoversi” con quei manifesti un po' all'antica affissi nelle parrocchie e, soprattutto, con la testimonianza da persona a persona.Terzo: il “digitale” ama, è vero, i testi brevi, ma ci lascia liberi di pubblicarne di lunghi e anche lunghissimi. Se vi fa fatica leggere questo a video, stampatevelo: quel che si impara dalla vita di Cesare Cicconi val bene il costo del toner e della carta.
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