Capire Simone Weil oltre al titolo
venerdì 30 luglio 2021
Èstato ripubblicato uno dei saggi più noti, originali e controversi di Simone Weil, scritto nel 1943, ultimo anno della sua vita: Appunti sulla soppressione dei partiti politici (Marietti, pagine 70, euro 7,00). La tradizione filosofica e politica occidentale, da Socrate in poi, ha elaborato l'idea che non c'è niente di indiscutibile; ma questo non può significare che ogni certezza vada eliminata, lasciando che la nostra vita manchi totalmente di convinzioni e valori a cui restare fedeli. Personalmente non riesco ad allontanarmi dalla convinzione che in quel breve scritto Simone Weil avesse molte più ragioni che torti, mentre la sua tesi non è quasi mai accettata né presa in considerazione da politologi, storici e commentatori politici. L'equivoco è nel credere che abolire i partiti politici equivarrebbe a sopprimere la libertà di pensiero, di scelta e di schieramento politico; o anche, peggio ancora, che senza partiti politici ci sarebbe soltanto un totalitarismo del "partito unico". Così il saggio della Weil non viene neppure letto: lo si rifiuta per il suo stesso titolo. Se ci si degnasse di discutere, dopo averle lette, quelle pagine della Weil, si vedrebbe che le sue considerazioni non sono solo una conseguenza dovuta alle orribili e tragiche esperienze degli anni 1920-1940, quando i partiti bolscevico, fascista e nazista si mostrarono strumenti efficacissimi nella realizzazione di regimi dittatoriali e totalitari. Le osservazioni della Weil valgono anche più in generale e riguardano soprattutto la difesa della libertà di pensiero dei singoli, libertà che lo spirito di appartenenza partitica inibisce e riduce di molto. Non potendo riassumere l'intero saggio, un capolavoro di lucidità sia politica che morale e psicologica, isolo qualche idea essenziale. Anzitutto i partiti sono macchine organizzative che usano la passione collettiva, la coltivano e la moltiplicano in funzione competitiva. Ma le passioni competitive non coincidono affatto con ciò che in politica conta di più: verità, giustizia e bene pubblico. I partiti sono strumenti che si trasformano abusivamente in fine a sé stessi. Il loro scopo è la crescita numerica e di potere. Il loro linguaggio-pensiero è la propaganda. Per farne parte si deve rinunciare all'autonomia di riflessione e di giudizio. Se questo non avviene si è sospettati di tradimento. Il partito è un idolo che chiede idolatria e la sua logica è tipicamente bellica: vincere o perdere.
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