venerdì 9 novembre 2012
Era la sesta industria nazionale per fatturato, adesso temo si sia perso il conto, e in ogni caso del Calcio si dice il peggio, quasi fosse l'Automobile. O la Bicicletta. Fateci caso: l'Italiano ha due passioni ufficiali, ruote e palloni, medicina contro tutti i dolori, e proprio in questi territori cresce la frustrazione già provocata dalle tasse, dai salari bassi, dai consumi vietati, dalla politica scandalosa. Nel mondo dell'auto tira il lusso, le dream-car dei grandi marchi europei si vendono, non pagano lo spread; come da noi le Ferrari, al punto che vien voglia di scoprire che tipo di italiano sia, il Ferrarista. Ma forse è meglio soprassedere. Però una macchina va e ha un marchio sportivo antico e onorevole, il Cavallino Rampante di Francesco Baracca. Il calcio ha un marchio altrettanto onorevole, lo Scudetto Tricolore di Gabriele d'Annunzio, ma la passione per il gioco più bello del mondo va affievolendosi, insieme ai valori tecnici e al tasso di campionismo. E alla lettura dei fogli specializzati che costituivano una godibile eccezione nel mondo depresso dell'editoria. A me non dispiace, sono di campagna e amo il calcio provinciale (presto l'unica vera provincia sarà quella del calcio, anche se non piace al caro Stramaccioni) che produce un torneo emozionante dalla testa alla coda e promette vittorie non solo a torinesi e milanesi. Ma non ne nascondo gli effetti negativi in campo internazionale. S'è appena concluso un giro di Champions e fanno rabbrividire i toni entusiastici che hanno salutato il pareggio del Milan con il Malaga piuttosto che il poker della Juve con i modestissimi danesi del Nordsjaelland, club del quale non dovremo neppur mandare a memoria il complicato nome ché lo perderemo in fretta (mentre nutro dubbi sulla sparizione dell'ucraina Dniepropetrovsk: lí hanno soldi, idee, voglia di emergere, noi siamo invece alla sbornia terapeutica cantata con la lacrime agli occhi, «bevo, bevo, bevo per dimenticar»). In questi frangenti, tutti si danno da fare: reagisce il mondo dell'Auto, si pente il mondo del Ciclismo, mentre il Calcio langue nell'indifferenza delle istituzioni sportive: il presidente del Coni Petrucci, sul punto di tornare all'amatissimo Basket, muove solo rimproveri al malcostume, non alla mala gestione manageriale; il Ministro dello Sport (o quasi) arretra atterrito e farà per i nuovi stadi quello che hanno fatto i predecessori: nulla. La Giustizia Sportiva accusa ormai i ritardi di quella ordinaria e fa figli e figliastri. La riforma dei campionati parte dalla terza serie, è annunciata dalla B, ma non in A, dove proprio per l'eccessivo numero di partecipanti lo spettacolo sta peggiorando vistosamente. Non sono un appassionato rottamatore, non ne ho l'età né mi sento un Tafazzi, son piuttosto un testimone dei tempi, ma sarebbe ora che anche l'Altro Calcio, quello istituzionale, trovasse i suoi Montella, i suoi Stramaccioni. Sono sicuro che a Coverciano insieme ai nuovi “mister” saprebbero allevare anche i nuovi manager, e anzi che c'è ne siano già in circolazione. I calciatori si sono dati Tommasi presidente: e gli altri?
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