Da piccolo sognava di fare il chitarrista. O almeno lo credeva, perché i sogni a volte sono risposte a domande che ancora non ci siamo fatti. In più non sapeva suonare la chitarra, un particolare tutt’altro che trascurabile. Diceva che sentiva un mondo di suoni dentro di sé. Ma non riusciva a riprodurli con le corde di quello strumento. «Andrò a lezione, imparerò…», disse. Ma il suo insegnante dopo qualche tentativo, gli fece capire che lui e la chitarra erano, diciamo così, poco compatibili. Così quel ragazzo si convinse di non avere talento per la musica. Però, diceva Marc Twain, non bisogna mai separarsi dalle illusioni, perché quando quelle se ne saranno andate, può darsi che tu ci sia ancora, ma avrai cessato di vivere. Dunque un giorno quel ragazzo accese la radio e sentì un suono che gli piaceva. Allora riprese la chitarra che aveva sepolto in fondo a un baule e provò a ripeterne gli accordi. Molto tempo dopo, il 9 settembre 1971, esattamente 49 anni fa oggi, pubblicava la più bella canzone mai scritta. Diceva: «Immaginate che non ci siano patrie, non è difficile farlo, nulla per cui uccidere o morire (…), immaginate tutta la gente che vive la vita in pace. Si potrebbe dire che sono un sognatore, ma non sono l’unico, spero che un giorno vi unirete a noi, e il mondo sarà una cosa sola...». Ah, quel ragazzo si chiamava John Lennon.
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