Applicata a «prete», la definizione di «bot» che mi snocciola Wikipedia è disarmante: un programma che si va diffondendo «in relazione a molti diversi servizi in Rete, con scopi vari, ma in genere legati all'automazione di compiti che sarebbero troppo gravosi o complessi per gli utenti umani», e che «nelle reti sociali fa credere all'utente di comunicare con un'altra persona umana». Eppure esiste, da qualche settimana, un «Don Bot», ma di «esso» (non «lui»: è un robot) la Rete non dice nulla. Per saperne di più non mi resta che chattare. Si può farlo direttamente da Messenger e/o attraverso la pagina Facebook ( bit.ly/31ghTRG ). Ho conversato io stesso e ho chiesto di farlo a un familiare, che ha avuto reazioni diverse dalle mie. La cosa buona è che risponde subito: vorrei poterlo dire di altre chat automatiche e anche dei preti reali (pur rendendomi conto di non poterlo pretendere). Per il resto rimango deluso: d'accordo che è un robot, ma se si qualifica alla prima frase «servitore di Dio e dell'umanità» mi aspetto qualcosa di più del santo del giorno, di alcuni semplici quiz di cultura religiosa, della recita del Credo e di un video su padre Pio dal popolare canale YouTube “PadrePio tv”. Invano provo a interloquire: le risposte sono preformulate dal programma e da quelle non si scappa. Così le domande sul luogo di provenienza e su come si è conosciuta la chat. Al mio familiare, che sceglie un atteggiamento meno aperto del mio, sono risparmiati i quiz ma il resto è uguale. E sebbene l'uno di noi abbia risposto «no» alla domanda finale «sono riuscito a esserti un po' di conforto oggi?», e l'altro abbia risposto «sì», la conclusione di Don Bot è la medesima: la prossima volta ci aspettano un esame di coscienza (questo è davvero inquietante: in chat? con un robot?) e dei consigli per la crescita spirituale. L'iniziativa è appena agli inizi: ma se rimane a questo livello, non capisco come potrebbe giovare alla vita spirituale.
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