«Cari amici, presto lascerò questo spazio. Inventerò qualcosa di nuovo per comunicare con chi vorrà. Penso che Facebook, che pure ha contribuito a cambiare il mondo, nel frattempo lo stia cambiando in peggio!». A postare questo stringato annuncio sul suo profilo, lo scorso 31 luglio, è Gennaro Matino, teologo, pastore e scrittore che certamente non è assimilabile, per quanto riguarda le interazioni e gli atteggiamenti verso la Rete, alla categoria degli «apocalittici»: attualmente ha una rubrica sull'“Huffington Post” ( tinyurl.com/y8eox33n ), è facile trovare sue meditazioni e catechesi su Youtube, è iscritto a Twitter e a Facebook, appunto, e anche se ha protetto la lista degli amici non è difficile immaginare, dalle moli di interazioni, che sia di dimensioni ragguardevoli. Difatti l'annuncio ha suscitato una nutrita sequenza di reazioni e commenti, tale da indurre l'autore, il giorno dopo, a un più lungo post di chiarimento. Qui, col suo linguaggio caldo e colto, Matino accenna appena (con espressioni come «volgarità», «desiderio di sopprimere il diverso pensiero» e «parola nemica») a ciò che non gli piace di come funziona Facebook di questi tempi, e dedica molto più spazio a raccontare cosa gli è piaciuto, cosa gli piacerebbe e come cercherà di ricrearlo attraverso «uno spazio di confronto in Rete che permetta nella serena e forte e coraggiosa libertà di parola la voglia di confrontarsi»; uno spazio «che sappia restituirci la dignità della differenza, la bellezza dell'ascoltarsi per dirsi, per darsi, per ritrovarsi, (...) dove valga per tutti: “Non fare agli altri quello che non vuoi sia fatto a te”». Non è una buona notizia, per Facebook, che figure pubbliche significative come Matino ne prendano le distanze e arrivino alla determinazione di uscirne. Ma è una buona notizia la volontà di non prendere le distanze dalle opportunità di relazione e di confronto, anche di e tra cristiani, che la Rete offre. A maggior ragione se si concretizza in «qualcosa di nuovo».
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