mercoledì 21 ottobre 2020
Non siamo più quattro amici al bar, perché la prospettiva, dopo le prime avvisaglie dettate dai provvedimenti regionali, ci prepara a restrizioni sempre più stringenti. La Lombardia da domani e fino al 13 novembre (per ora) ha lanciato il divieto di mobilità dalle 23 alle 5 del mattino, e la Campania, il Piemonte sembrano pronte a seguire a ruota l’esempio, spinti dalla crescita paurosa dei contagi e dei ricoveri.
È allo studio pure la chiusura dei centri commerciali nei week end, ad eccezione degli esercizi alimentari, ma nel frattempo già non si possono più acquistare vino e alcolici dopo le 18, mentre in metropolitana e sui tram si viaggia tranquillamente. È più sicura una carrozza di pendolari di umanità varia rispetto a un bar? Nessuno ancora ne ha parlato, ma le visite ai cimiteri a inizio novembre, le adunate natalizie familiari e di Capodanno come verranno regolate, se non vietate? Chi si trova a lavorare con il commercio sta ripiombando in quel limbo che si chiama incertezza, mentre le fiere ad una ad una vengono forzatamente disdette, perché purtroppo l’allarme contagi è sotto gli occhi di tutti. Il Censis lunedì al Senato ha presentato il rapporto Auditel rilevando che i nuclei famigliari che hanno una connessione a internet sono saliti all’88,4% e 42,2 milioni di italiani si connettono ogni giorno alla Rete, con un 4,4% in più rispetto a inizio anno. E gli analisti già parlano di “autosegregazione delle coscienze”. Il buio che ci riporterà l’ora legale a fine settimana appare come una metafora di questo periodo, che vedrà crescere lo smart working e altre situazioni già viste. E questa volta cosa si dovranno aspettare le pasticcerie che vennero discriminate rispetto alle panetterie, quasi che lo Stato debba stilarci la lista della spesa, mettendo in atto provvedimenti che forse non sono prioritari? Dietro a ogni disposizione ci sono strascichi occupazionali che vanno a intaccare quella microeconomia fatta di tanti piccoli esercizi, che sembrano diventare subito il capro espiatorio. Durante il lockdown leggemmo di multe inferte a chi acquistava vino, perché non era un bene necessario, ma alla medesima stregua anche una crema di bellezza o un rossetto sarebbero passibili di sanzione. Dunque di cosa abbiamo bisogno, se non di buon senso, facendo tesoro di quanto è stato messo in atto in termini di responsabilità per convivere con un virus che ha ripreso la sua diffusione? Nessuno si vuole ammalare, men che meno creare disagio al prossimo, ma le scelte che si devono fare siano dettate più dalla certezza di ottenere così situazioni in sicurezza che dal panico. Atteggiamento quest’ultimo che un’amministrazione di qualsiasi grado non si può permettere, quando invece tutto ciò che ha portato l’Italia a essere un modello deve diventare tesoro per avanzare con raziocinio in un Paese che vuole sì salvare vite, ma anche posti di lavoro.
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