mercoledì 3 dicembre 2014
Per alcuni i poveri sono soprattutto uno slogan. Un bandiera demagogica, un modo per sventolare un vessillo intriso nell'egualitarismo delle buone intenzioni. Poi, per fortuna, ci sono coloro che guardano ai poveri come fratelli a cui tendere una mano. Coloro che sono convinti come non servano tante parole per un gesto di carità e di amicizia. Che il bene abbia bisogno soprattutto di gesti concreti. Perché le buone intenzioni che non trovano compimento nella realtà di un'azione conclusa e coerente rischiano di diventare premessa per un inganno. E oggi, nel nostro Paese, sono sempre di più le persone che sopportano sulla propria pelle le conseguenze di un inganno o comunque di un evento sfortunato, di un progetto che non è andato in porto, di un fallimento, di un inciampo piccolo o grande che ha segnato in profondità la loro vita. A tutte queste persone, vecchi e nuovi poveri, è dedicata l'iniziativa voluta da don Pietro Sigurani, rettore della storica basilica di Sant'Eustachio, nel cuore di Roma, a due passi dal Senato. Da ieri la chiesa ospita una mensa in grado di accogliere oltre cento persone. «Abbiamo allestito sedie e tavoli – spiega don Sigurani – e serviamo pasti caldi alle persone che non possono permetterselo». Lo stesso rettore, assistito da 15 volontari, sull'onda dello slogan «riportiamo i poveri al centro», servirà il pasto agli indigenti. «Abbiamo voluto rispondere all'appello del Papa con un gesto concreto di solidarietà». E augurando "buon pranzo" con i fatti.
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