Il libro di Simon Blackburn, Specchio delle mie brame tradotto da Alberto Cristofori per Carbonio Editore (pagine 208, euro 16,50) mantiene molto meno di quanto il titolo promette e il sottotitolo, Pregi e difetti del narcisismo, lusinga. L’autore (Bristol, 1944) è un filosofo del linguaggio, e qui sembra volersi accreditare più come filosofo che come linguista. Bisogna saper distinguere tra un filosofo e un saggista: Blackburn è un saggista. Un filosofo dovrebbe avere una propria visione del mondo e saperla esprimere in un pensiero sistematico, coerente per logica e struttura, che traspare anche nell’analisi di problemi particolari; Blackburn, saggista, non esprime un pensiero che sia suo, preferisce far sapere quali libri ha letto prendendone frasi un po’ qui e un po’ là, senza curarsi della congruenza delle citazioni e delle visioni del mondo attribuibili ai singoli autori, soprattutto Kant, Hume, Rousseau. Quando vuol fare il filosofo/filosofo, si aggrappa a Wittgenstein. Insomma, un filosofo dovrebbe confrontarsi con la metafisica, cosa che Blackburn non fa, anche se la metafisica si prende le proprie rivincite. Per esempio, impegnato a descrivere il sé nella tradizione filosofica post kantiana, e in particolare nell’esistenzialismo, si lascia sfuggire che propriamente «in questa tradizione non viene descritto il sé, ovvero l’essenza della persona»… Ecco, ci siamo: il sé, dunque, è «l’essenza della persona», ma «essenza» è una categoria della metafisica aristotelico–tomista, da cui inevitabilmente non si esce, a meno di rinunciare al verbo essere, intorno al quale la metafisica si costruisce. Un filosofo, dunque, non dovrebbe lasciarsi sfuggire un concetto metafisico senza trarne le conseguenze e poi proseguire un discorso che metafisico non è. Le incursioni di Blackburn nella psicologia gli riescono meglio delle scorribande in filosofia. Per esempio, quando distingue quattro aspetti del narcisismo: «Leadership/autorità (il piacere di vedersi riconosciuti come un’autorità); egocentrismo /ammirazione di sé (apprezzamento del proprio aspetto fisico e della propria personalità); superiorità /arroganza (tendenza a sovrastimare le proprie capacità e a sottolineare elementi di superiorità e grandiosità); sfruttamento degli altri /sensazione che tutto sia dovuto (manipolazione, attesa di favori)». In ogni caso, l’io tirannico o narcisistico o manipolatore è fondato sull’insicurezza e sul bisogno. «Il narcisismo – osserva Blackburn – è uno stretto alleato dell’insana sicurezza di sé: la hybris», ed egli, non più filosofo né psicologo, ma semplice ideologo politico, la rintraccia soprattutto nel partito repubblicano degli Usa. Giusto distinguere tra autostima, amor proprio, orgoglio, e rispetto, ma a Blackburn (pertinente nelle citazioni bibliche, nonostante una fantasiosa narrazione del peccato originale) sfugge il secondo aspetto del comandamento dell’amore: amerai il tuo prossimo come te stesso. È la regola aurea del Vangelo: chi non ama sé stesso, non possiede la misura dell’amore per gli altri.
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