L’importante, nel titolo del profilo teologico di Benedetto XVI tracciato da Giulio Meotti, L’ultimo Papa d’Occidente?, è il punto interrogativo (Liberilibri, pagine 132, euro 14). Meotti, dal 2003 giornalista de “Il Foglio”, collaboratore di testate internazionali e coltissimo saggista, non asserisce che Papa Ratzinger sia l’ultimo Pontefice occidentale: espone un’ipotesi, tanto meno una profezia. Il libro è breve: 82 pagine di testo, ma con 285 note che sono circostanziati rimandi bibliografici a riprova dello scrupolo documentario dell’autore, più sette pagine di prefazione del saggista irlandese John Waters che definisce Benedetto XVI «il Solženicyn del XXI secolo». Ratzinger, da filosofo, teologo e poi da Papa, aveva visto tutto, capito tutto. Aveva l’impressione che «negli ultimi quattro secoli la storia del cristianesimo sia stata una continua battaglia di ripiegamento». E aveva indicato «il nocciolo della crisi dell’Occidente e dell’Europa» nella «rassegnazione di fronte alla verità». Ratzinger aveva denunciato il relativismo, oggetto della sua indomita battaglia culturale, come «anticamera del nichilismo», e i nostri anni gli hanno dato ragione. Aveva colto che «tra liberalismo e marxismo esisteva ed esiste ancora una silenziosa connivenza su punti rilevanti: un’interpretazione del mondo basata esclusivamente su forze materiali. Il liberalismo puro non può superare il marxismo».
La cesura culturale del Sessantotto non l’aveva colto di sorpresa: «Il 1968 è legato all’emergere di una nuova generazione che guardò all’intero svolgimento della storia, a partire dall’epoca del trionfo del Cristianesimo, come a un errore e un insuccesso». Meotti osserva che non è un caso che i più ascoltati guru del Sessantotto siano finiti suicidi: «Come Gilles Deleuze, che si è lanciato dalla finestra del suo appartamento parigino nel XVII arrondissement. Come Michel Foucault, morto di Aids, in un cupio dissolvi morale prima che sessuale. Come Louis Althusser, che uccise la moglie e poi finì i suoi giorni in una clinica psichiatrica. Come Guy Debord, che si sparò un colpo di fucile». Né meno netta è stata la valutazione ratzingeriana della passione occidentale per il buddhismo: «Se il buddhismo seduce è perché appare come una possibilità di toccare l’infinito, la felicità, senza avere obblighi religiosi concreti. Un autoerotismo spirituale, in qualche modo». Quanto all’islamismo, la famosa conferenza di Ratisbona nel 2006 ha messo a nudo la sfiducia dell’islam nella ragione: non poteva essere diversamente per un Papa che aveva capito che la fine del cristianesimo in Occidente sarebbe stata preceduta dalla «fine della metafisica». Nonostante le sue analisi di straordinaria lucidità filosofica e teologica, Benedetto XVI si è dimesso. Il relativismo ha consolidato il proprio impero in tutte le latitudini, e il Papa, sentendo venir meno le proprie forze fisiche, ha scelto di dedicare l’ultima parte della sua vita alla preghiera e allo studio. Non è certo un ripiego. Quanto all’interrogativo nel titolo di Meotti, abbiamo fede che la fantasia dello Spirito Santo, che ha dato alla Chiesa Papa Francesco, non verrà mai meno.
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