Ci sono libri che a volte segnano una svolta e divengono, nel bene e nel male, dei punti di riferimento obbligati: si pensi a quelli di Samuel Huntington Lo scontro delle civiltà e di Francis Fukuyama La fine della storia, che espressero tesi piuttosto discutibili ma ai quali spesso ci si rimanda.
Un libro di tal fatta è senza dubbio Il pensiero meridiano, uscito proprio vent'anni fa e scritto dal sociologo Franco Cassano. Solo che questo volume, pubblicato da Laterza nel 1996, a differenza degli altri due che ho citato, ha davvero dato il via a un serio dibattito culturale che a poco a poco ha finito per influire sulla coscienza civile del nostro Mezzogiorno. Penso alla crescita della consapevolezza della funzione della bellezza, della valorizzazione del paesaggio e della cultura come occasione di riscatto, alla nascita di start up per il rilancio delle risorse, alla ribellione sempre più forte di imprenditori e commercianti all'imposizione del pizzo, alla ferma e consolidata presa di distanza di vescovi e parroci rispetto alle processioni in stile mafioso. Non so se Cassano avesse in mente tutto questo, ma certamente la sua rivendicazione di un'originalità di un pensiero che con Camus definisce "meridiano" ha dato sostanza culturale a questi processi.
Lo scopo del saggio è enucleato nelle primissime pagine: «Restituire al Sud l'antica dignità di soggetto del pensiero, interrompere una lunga sequenza in cui esso è stato pensato da altri». In buona sostanza, «non pensare al Sud alla luce della modernità ma al contrario pensare la modernità alla luce del Sud». Quando uscì il volume si era agli albori della globalizzazione e Cassano si permise giustamente di lanciare un allarme rispetto al conformismo allora imperante sugli esiti positivi di un modello di sviluppo basato sull'estensione progressiva a tutto il mondo del capitalismo sfrenato e senza regole. Al quale opponeva l'idea della misura e della molteplicità e, perché no?, della lentezza come possibilità diversa di relazione fra persona e persona ma anche fra popolo e popolo, fra cultura e cultura. «Pensiero meridiano – scriveva – è quel pensiero che si inizia a sentir dentro laddove inizia il mare, quando la riva interrompe gli integrismi della terra, quando si scopre che il confine non è un luogo dove il mondo finisce, ma quello dove i diversi si toccano e la partita del rapporto con l'altro diventa difficile e vera. Il pensiero meridiano infatti è nato proprio nel Mediterraneo, sulle coste della Grecia».
Ma quello di Cassano non è solo un inno al Mediterraneo e al nostro Sud. Egli è ben consapevole dei profondi limiti compresenti in molti modi di pensare e in tante pratiche del meridione. Il suo intento è anche di smascherare le due facce dominanti del Sud: paradiso turistico e incubo mafioso, due facce a suo parere non antitetiche ma complementari «perché rappresentano la faccia legale e quella illegale dell'inserimento del Sud nello sviluppo». Nessuna indulgenza dunque verso le colpe dei meridionali, verso il localismo e la corruzione, verso «quel giocare melmoso con i propri vizi», verso «la devastante vendita all'incanto delle proprie terre», verso «l'oscena prostituzione del territorio e dell'ambiente, dei luoghi pubblici e delle istituzioni». Ma come detto per lasciare alle spalle trasformismi e furbizie il Sud per Cassano non deve cedere all'ombrello mediatico planetario che uniforma costumi e modi di vivere, ma piuttosto ritrovare in se stesso i valori più autentici che gli vengono dalla cultura mediterranea.
Come l'accoglienza verso l'umanità unita dalla sofferenza che sbarca sulle sue coste, profughi e non barbari, verso i quali appunto i nostri concittadini meridionali si sono mostrati assai più disponibili dei settentrionali. Bellezza, silenzio, ospitalità e lentezza sono alcuni dei valori individuati. Così li spiega: «saper rispettare il tempo e abitarlo con poche cose di grande valore», «saper ringraziare il mondo e farsene riempire», «saper costruire ponti e collegamenti», «saper accogliere e custodire i disperati senza colpa».
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