Si può amare o meno la scrittura di Banana Yoshimoto, certo è che quella dell’autrice giapponese famosa in tutto il mondo è una prosa di grande potenza comunicativa: capace di sviscerare temi complicati con una pacatezza e cristallina lucidità tali da averle accordato autorevolezza di pensatrice subito poi che di narratrice. La sua voce è saggia e lieve allo stesso tempo, e questo che ad alcuni lettori risuona come un ossimoro può sconcertare tanto quanto convincere del tutto. Ora il timbro della sua acutezza solo in apparenza “leggera”, Yoshimoto lo imprime su pagine che non sono di narrativa e neppure di saggistica, piuttosto di riflessione meditativa. Brevi scritti che affrontano grandi temi dell’esistenza, quelli raccolti con il titolo Che significa diventare adulti? (Feltrinelli, traduzione di Gaia Maria Follaco, pagine 90, euro 12,00). Riflessioni sulla vita, sulla morte, sul rapporto con il passare del tempo e le diverse età, sulle relazioni che siamo capaci di costruire con gli altri. In merito a quest’ultimo argomento in particolare, il libro (per chi ami la prosa di Banana Yoshimoto, denso, profondo e prezioso come un piccolo talismano) ha pagine molto pregnanti sull’amicizia, e sulle sue evoluzioni in età adulta. Sono rare, le amicizie tra adulti. Tutte, anche quelle che pensiamo come granitiche, possono invece deluderci – complicarsi, sgretolarsi, anche finire. Non si dice, o troppo poco, quanto lasciate alle spalle le complessità della giovinezza, lo stesso in età matura possiamo ancora soffrire per le fini delle amicizie: soffrire molto, talvolta altrettanto che per la conclusione di un amore. E invece ecco la vita adulta costellarsi di gioie e di dispiaceri legati alle sorti dei nostri legami con gli amici, i “veri” amici. Rapporti le cui sorti rimangono certe volte incomprensibili a noi stessi, misteriose. Più ci definiamo e ci strutturiamo come individui, più accade che diventiamo esigenti sugli altrui modi di fare: anche sui comportamenti dei nostri amici. Esigenti sino alla radicalità. Banana Yoshimoto lo racconta bene: nel suo caso, a portarla a ragionare sull’argomento sono stati due diversi generi di crisi interpersonali, una dovuta a un progressivo allontanamento da un’amica, l’altra legata a una metamorfosi del rapporto con un’altra, che si è risolta comunque con un salvare l’amicizia, anziché malinconicamente virarla verso il naufragio e la fine. La prima circostanza, di progressiva reciproca distanza, è frequente: per quanto si possa essere legati da grande affetto e molti ricordi in comune, ci si allontana, frequentandosi via via meno, non sentendo spinta energica ed energizzante a incontrarsi con la persona amica come accadeva prima. Tutt’altro che scontato che le amicizie “di tutta la vita” resistano alle rispettive metamorfosi che come un vento soffiano su ognuno, lungo il filo degli anni. Tutt’altro che facile ammettere come quando un’amicizia finisce quel che ci abita è niente più e niente meno che un lutto. Di amicizia si parla sempre troppo poco: se la “narrazione” comune di continuo fa riferimento all’amore, la ricchezza e il nutrimento interiori regalati dall’amicizia restano spunti marginali, piuttosto negletti. Laddove, parafrasando Banana Yoshimoto, “diventare adulti” non è solo costruire una buona vita, professionale e sentimentale. La “riuscita” di un’esistenza sta anche nell’avere buone amicizie adulte, ovvero leali, salde, con persone a noi davvero affini la cui presenza continui a rallegrarci e stimolarci malgrado il passare del tempo. Merito di Banana Yoshimoto avere scritto di questo tema centrale, ma tanto poco considerato.
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