In dieci anni l'Italia ha perso il 20% del patrimonio di imprese agricole di cui era dotata. Detto in altri termini, in un decennio migliaia di imprese " grandi o piccole che siano " sono letteralmente scomparse. Il dato deve far pensare, senza però scivolare nel semplice disfattismo.
Un taglio così importante delle aziende agricole può significare molte cose insieme. Rappresenta certamente una ristrutturazione del comparto e una sua razionalizzazione di fronte a mercati sempre più esigenti. Ma significa anche che, in una certa misura, una sostanziosa parte di superficie agricola utilizzabile è andata persa. Si tratta, come è evidente, di un fenomeno che ha origini che risalgono a ben più di 10 anni fa. Secondo alcune elaborazioni della Coldiretti, per esempio, in 40 anni è andata persa una superficie agricola di circa 5 milioni di ettari, pari all'estensione della Lombardia. Meno aziende, quindi, può significare irrimediabilmente meno terre messe a coltura. Ma non solo. Perché la razionalizzazione della struttura produttiva agricola può avere riflessi anche sull'occupazione. Con andamenti che, tuttavia, possono essere altalenanti nel tempo. Nel 2010, infatti, l'occupazione agricola è salita in termini generali dell'1,9% a fronte di un calo generale dello 0,7. In altri anni è accaduto il contrario.
La diminuzione delle imprese e la questione della loro competitività, però, impongono una riflessione anche sotto un altro punto di vista. Gli effetti positivi della razionalizzazione della struttura produttiva agricola passano anche per un contenimento dei costi. Un'operazione che non è facile, soprattutto pensando alla burocrazia che le imprese devono affrontare. Per capire meglio, basta sapere che le organizzazioni agricole da tempo hanno stimato in diverse decine di giornate lavorative all'anno il tempo da spendere negli adempimenti burocratici. Una condizione non diversa da quella che affrontano strutture produttive già più organizzate come quelle cooperative. Fedagri-Confcooperative, Legacoop Agroalimentare e Agci Agrital, hanno calcolato che una cooperativa agricola con circa 500 capi, che produce 48mila quintali di latte, dedica alla burocrazia 90-100 giornate all'anno e "spende" oltre 84mila euro per assolvere ai propri adempimenti burocratici. Una cifra che incide sulla produzione per il 5%. Una cantina cooperativa, invece, può essere sottoposta a circa 16 visite ispettive all'anno, da parte di oltre 20 enti diversi. Obiettivamente troppo, per pensare ad uno sviluppo concreto di un comparto che sempre di più si trova ad affrontare mercati globali. E tutto senza contare l'altra parte dei costi di produzione, come quelli legati alle materie prime e all'energia.
Il -20% di unità produttive agricole in un decennio, deve perciò insegnare qualcosa a tutti. Indica che la razionalizzazione della struttura produttiva non si è ancora fermata, ma anche che questa non può avvenire solamente con il taglio della superficie agricola.
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