I Domenica di Avvento - Anno C
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. [...] Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria. Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina.”
Ad-ventum, sta per venire: ma cosa, chi? Le corse nelle strade illuminate da psichedeliche luci, i morsi al panettone, la recita della famigliola felice seduta attorno al tavolo a scambiarsi doni, scenette idilliache tra neve e camini accesi da una felicità fittizia...
Ad-ventum, sta per venire: cosa? La fine del mondo tra guerre ed epidemie sconosciute, il perdersi dell’umano nelle difesa dei propri confini, dell’ingordigia di territorio, della fame di potere, di distruzione cieca e ostinata della terra e del cielo... Capita a proposito questo brano di Luca, meglio di così non si poteva scegliere, non potevamo leggere parole più adatte in questo inizio di Avvento, che è inizio di attesa. E non per avere ancora più paura, non per incuterci terrore e spingerci a cospargere il capo di cenere, ma per alimentare la nostra speranza, per accenderci un fuoco dentro. “Alzati, guarda!”
A Dio non piacciono i fifoni e non fa mai ricorso alla paura e allo spavento per farci innamorare di Lui: «Non abbiate paura», ha detto in mezzo alle tempeste, «non temete», ha ripetuto incessantemente ai suoi. Ci dà il suo coraggio, ci tende la sua mano come la tese a Pietro che affogava di paura in mezzo al mare: «Risollevatevi e alzate il capo». Che è come dire non state là sdraiati in terra a tremare, ma mettetevi in piedi, e guardate oltre, guardate più in là, guardate dentro le cose che accadono, nella vostra solitudine, nella vostra paura, nella vostra disperazione. Volate alto. Per Dio la paura si vince non con il nostro coraggio, ma attraverso la fiducia nella sua presenza, nel suo stare con noi, nel suo non lasciarci soli. Mai. «Conta le stelle», disse ad Abramo quando ormai disperava di avere un figlio; «Talita kum, Bambina alzati», disse alla figlia di Giairo che tutti piangevano morta. A Dio non piacciono i fifoni e gli sdraiati, gli struzzi che nascondono il capo sotto la sabbia per non vedere la realtà, coloro che non riescono a vedere nella fine un nuovo e impensato inizio, quelli che si addormentano anestetizzati nel proprio egoismo.
Ad-ventum, sta per venire: svegliamoci dai nostri torpori perché la vita si prepara a un nuovo inizio, un Dio sceglie di farsi carne tenera da cullare, da accarezzare. Un Dio viene ad abbracciare la terra e tra le braccia ci porta il suo cielo, fatto solo di amore, per sempre. Alziamoci e guardiamo in alto, ci sorprenderà trovarci immersi nelle mani di Dio come quando affondiamo lo sguardo in un cielo stellato, stupiti dell’immenso, occhi lucidi di gratitudine, persi nell’infinito.
Avvento, arriva anche per me, per noi, una buona notizia: quella di un Dio sempre pronto a raggiungermi, anche tra le macerie della mia vita, anche quando tutto sembra inutile e perso. E viene con sorriso di bimbo, con sguardo innocente a restituirmi una speranza lucida e intatta, appena appena accennata, neonata. Come Lui, sempre pronto a nascere, a ricominciare, a “fare nuove tutte le cose” (Ap 21,5), Lui che viene ad indicarmi una stella. A questa voglio aggrappare il mio sguardo.
(Letture: Geremia 33,14-16; Salmo 24; 1 Tessalonicesi 3,12-4,2; Luca 21,25-28.34-36)
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