Molti anni fa, nel suo diario di ricercatore spirituale, autentico e innovativo, Thomas Merton scriveva una pagina che, mettendo al centro una parola antica, «idolatria», non potrebbe essere più contemporanea. La si trova in un libro il cui titolo italiano, Scrivere è pensare, vivere, pregare, riprende, un po' variata, una sua annotazione del 27 settembre 1958: «Scrivere è pensare e vivere, persino pregare». Viene eliminato il «persino», che invece è significativo. In quella pagina, datata 17 aprile 1965, si legge: «Il grande peccato, fonte di tutti gli altri, è l'idolatria: non è mai stata più grande che oggi, più prevalente. È quasi misconosciuta perché è così totale e travolgente. Entra in ogni cosa, nulla ne è immune. Feticismo del potere, delle macchine, della proprietà, della medicina, dello sport, della moda ecc., il tutto mosso dall'avidità per il denaro e per il dominio. La bomba atomica è solo un aspetto accidentale di questo culto, e paradossalmente neppure il peggiore. Dovremmo tenerne conto come di un segno, una rivelazione dello scopo a cui punta l'insieme della nostra civiltà: l'auto-immolazione dell'uomo alla propria avidità e disperazione. Dietro vi sono i prìncipi e i poteri che l'uomo serve nella sua idolatria. I cristiani vi sono coinvolti quanto chiunque altro». Già, nessuno escluso.
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