Uno di voi mi tradirà. È il sasso gettato dal Cristo nel cuore degli apostoli. Nessuno come Leonardo ha saputo ritrarli così, come spighe agitate da una tempesta, come mare in burrasca dove ognuno, nell'agitazione, lascia emergere lo stato dell'animo. Così per noi. Quando le tempeste della vita si fanno più forti allora emerge la verità. Non c'è scampo: inutile mistificarsi. Chi, come me, ha visto la morte in faccia a 21 anni sa che in quell'ora ogni ipocrisia si sgretola. Resta solo il vero, il bello, il bene. L'unica moneta che conta nella banco dell'eternità. Leonardo, morto il 2 maggio del 1519, esattamente 500 anni fa, era rimasto affascinato dal gesticolare eloquente dei milanesi. Lo studio della fisiognomica, dell'ethos e del pathos, aveva conquistato a tal punto l'artista da far sì che rendesse il carattere proprio di ogni apostolo a partire dalla fisionomia e dallo stato d'animo di ciascuno rispetto al tradimento annunciato. La gestualità aveva completato l'opera fornendoci così una delle più movimentate ultime cene della storia dell'arte. Il frate cinquecentesco che sedeva a mensa in quello straordinario refettorio era invitato a confrontare la sua vita con i volti e i gesti di ogni commensale. Impressiona, più delle altre, la posizione della mano di Gesù e di Giuda.
Sono le mani ubicate proprio davanti a Giovanni e in corrispondenza, dall'altra parte del refettorio, del palo verticale della croce di Donato Monfortano. Due mani speculari identiche tutte due tese a quel piatto e a quel pane, ma con un esito totalmente diverso. L'esito è dato dall'altra mano: quella di Giuda stringe un sacchetto di denari, quella di Gesù resta aperta, col palmo in su come già pronta per essere crocifissa. L'occhio attento di Leonardo ci obbliga a riflettere. Ci sono gesti comuni e apparentemente uguali. Di fronte a questi gesti distinguere il bene dal male, il vero dal falso non è sempre facile. Per capire occorre guardare alla globalità della persona che compie il gesto, alla globalità della situazione. Nella gestualità dei due protagonisti dell'ultima cena è solo l'altra mano che ci rivela l'intenzione e la qualità del commensale. Il primo, Giuda, è tutto teso al suo progetto, al suo guadagno: è lì incurante del vero bene di quei commensali. Gesù, invece, resta aperto, è li davvero solo per essere e per esserci; disposto a pagare, più che a essere pagato; disposto ad amare, più che ad essere amato. In un clima di prossime elezioni europee, in un clima di instabilità economica e politica c'è da domandarsi come si muoverà il nostro discernimento. Se sapremo valutare la realtà a partire solo da parole e gesti altisonanti, gesti comuni o di apparente libertà e carità, ma lontani dal vero bene; oppure se sapremo guardare al tutto, alla globalità della posta in gioco, se sapremo indagare e scorgere la mano nascosta e rivelatrice delle reali intenzioni di chi chiede la nostra fiducia. È la croce del Monfortano, di cui Leonardo ha tenuto gran conto nello stendere la sua pittura, che rivela la verità. Sono le cose ultime e il rapporto con esse che dicono la qualità di un progetto. Forse occorrerebbe tenerlo presente più spesso per un discernimento vero che tenga conto della dignità dell'uomo del suo diritto alla cultura e alla libertà.