PaoloMassobrio
Ogni mattina, quando si aprono le porte della colazione al Bellevue di Cogne, sul tavolo c'è un giornalino di una pagina che regala pensieri, notizie meteorologiche, aneddoti storici, curiosità gastronomiche. Lo ha inventato Piero Roullet, che ci ha lasciati lo scorso fine settimana, a 76 anni, dopo aver creato con la moglie, il cognato, le figlie, un esempio bellissimo di accoglienza italiana. Guardo quel giornalino e penso che il mestiere di albergatore e ristoratore, in fondo, non è molto lontano da quello di comunicatore. Come si fa a comunicare la felicità? Per rispondere a questo Piero ha girato ovunque, anche coi suoi nipoti, ma soprattutto ha saputo ascoltare, per assecondare il desiderio dei suoi potenziali clienti di vivere giornate memorabili. Ascolto significa modificare percorsi, cambiare pensieri, rimettersi in gioco sempre. È forse l'ascolto che manca alla politica, che in queste ore si sta mettendo in gioco, talvolta con proclami insopportabili del genere «Gli italiani vogliono...»? Ma sono sicuri che gli italiani vogliano qualcosa di diverso da una figura che ci sia d'onore agli occhi del mondo e, di fatto, risulti un punto di unità? Ci stanno le manovre e le schede bianche, così come ci sta il gioco di alzare il prezzo della posta, ma alla fine il pericolo è che si intraprenda una strada che è ben diversa dall'ascolto, da ciò che vuole la gente, comunque ammirata da una svolta governativa che non apparterrebbe ai partiti, pronti a scaricare, prima o poi, chi non è dei “loro”. Personalmente non mi hanno mai appassionato luoghi comuni e demagogia spicciola, ma se penso ai tanti coetanei che fanno politica, simpatici, stimabili, capaci, ho l'immagine di persone abituate a una referenzialità a stretto giro: quello che pensa la gente, quello che pensi tu, poco importa, perché la politica, per costoro, non sembra ascolto, ma solo strategia. E se la rivoluzione fosse che la prima strategia è ascoltare? Piero Roullet nel suo piccolo lo aveva capito e l'ha applicata. Ci fosse un politico al quale si è dato consenso, che ti invia una pagina per dire quello che sta facendo e per cercare il confronto che era pane e sale nei giorni migliori dei partiti della Prima Repubblica. Non c'è, perché le stanze devono restare chiuse. Quando si apriranno le porte, si spera che il vento del sentimento popolare, che chiede unità e stabilità, avvolga i cosiddetti grandi elettori. E pazienza se poi correranno per intestarsi ognuno un risultato: fa parte del gioco, prima che la porta si chiuda, per ritrovarsi nella solita stanza... impregnata di aria viziata.
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