Uno «spin off», per dirla all'inglese, o un «allegato culturale», come lo definisce il suo autore? Insomma, una sorta di seguito o «serie costola» generata dal successo del prototipo o qualcosa di diverso che sfrutta l'assonanza dei titoli con un piccolo gioco di parole? Quest'ultima, insieme a quella dell'«allegato», è l'ipotesi più aderente alla realtà del nuovo programma di Giovanni Floris, Artedì, che su La 7, il lunedì in seconda serata, anticipa di nemmeno ventiquattr'ore il talk show politico dell'emittente di Urbano Cairo, DiMartedì, condotto, come si sa, dallo stesso Floris. Artedì, va detto, è un titolo azzeccato. Da una parte richiama in modo evidente il DiMartedì, dall'altra è un riferimento esplicito al giorno dell'arte. Si tratta, infatti, di un programma specifico sui beni culturali, che in quanto «allegato» richiama un po' i quotidiani che una volta alla settimana arrivano in edicola con un inserto specialistico. Nel corso delle otto puntate previste si parlerà, tra l'altro, del Cenacolo di Milano, di Villa Farnesina, di Castel Sant'Angelo e della cripta, sempre a Roma, dei Cappuccini a San Clemente. Intanto, partenza lunedì scorso con un'opera adeguata al periodo pasquale: Il Cristo velato di Giuseppe Sanmartino (scultore napoletano del Settecento), custodito nella barocca Cappella di Sansevero a Napoli voluta come mausoleo di famiglia dall'esoterista, inventore, anatomista, alchimista, massone, letterato e accademico italiano, nonché settimo Principe di Sansevero, Raimondo di Sangro (1710-1771). Dalla scelta delle opere e dei personaggi dell'esordio, oltre che dall'annuncio di alcune delle scelte successive, si capisce che Floris punterà senz'altro sui capolavori (Il Cristo velato è un esempio esplicito), ma anche sui misteri che in qualche modo circondano l'opera. In questo senso è il personaggio di Raimondo di Sangro a essere un esempio esplicito. Ma anche la stessa realizzazione della velatura in marmo sulla quale, tant'è bella e realistica, si sono susseguite varie leggende. Per il momento, diciamo che Floris, più che da conduttore, funge da accompagnatore curioso dell'esperto di turno al quale lascia la narrazione limitandosi a qualche battuta, a volte anche ironica («È sempre rischioso giocare su due tavoli», dice a proposito del Principe di Sansevero combattuto tra Chiesa e massoneria).
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