Troppi disastri a ripetizione, troppe catastrofi, troppi eventi meteo estremi. Gli ultimi morti da maltempo nel Nord Europa ne sono stati solo l'ulteriore conferma: gli strumenti di prevenzione e difesa comuni vanno potenziati e i soccorsi reciproci da Stato a Stato, anche con il supporto del "meccanismo di coordinamento" di Bruxelles (in sigla, ERCC) e del pool comunitario su base volontaria già esistente, non bastano più. Ecco perché presto dovrebbe nascere un nucleo di propria Protezione civile europea (denominato "RescEu"), annunciato a fine novembre e che si punta a far decollare il prima possibile.
Nelle intenzioni della Commissione Ue, il nuovo sistema di gestione comune delle emergenze dovute a terremoti, alluvioni, megaincendi e altri fenomeni del genere, prende atto che la dimensione delle sfide alla sicurezza dei cittadini è cambiata. E allora «anche noi dobbiamo cambiare», per usare le parole del Commissario per gli aiuti umanitari e la gestione delle crisi, il cipriota Christos Stylianides, per il quale è ormai una «questione di solidarietà e di responsabilità condivisa a tutti i livelli».
Basterebbe ricordare, in proposito, i 200 morti dello scorso anno, più di un terzo dei quali vittime dell'apocalittico rogo estivo in Portogallo, che ha comportato in aggiunta perdite economiche stimate in oltre 600 milioni di euro. E parlando di costi, è ormai definitivo il calcolo di quelli provocati nell'area Ue dai disastri naturali e umani del 2016: 10 miliardi di euro tondi tondi, gran parte dei quali causati dalla sequenza sismica iniziata il 24 agosto nell'Italia centrale. Se poi si parte dal 1980, il conto complessivo dei danni per l'intero continente arriva alla cifra astronomica di 360 miliardi di euro.
Meglio dunque provare a pensarci – e a spendere – prima, nella certezza che si risparmieranno vite umane e denari. L'attuale "format" di soccorso comunitario, basato in sostanza sul volontariato, pur essendosi dimostrato valido in più circostanze, ha ormai dato tutto quello che poteva dare. Per questo il "RescEu" ideato a Bruxelles (la sigla evoca il termine inglese "rescue" che vuol dire salvataggio e soccorso) prevede anzitutto la creazione di una riserva di risorse comuni, da coprire interamente con finanziamenti dell'Unione (280 milioni fino al 2020): in concreto, saranno acquistati mezzi aerei antincendio, idrovore ad alta capacità di pompaggio, attrezzature di ricerca in ambiente urbano, ospedali da campo e strumenti di assistenza medica d'urgenza.
Quando in futuro un Paese membro chiederà aiuto per fronteggiare una crisi, se il centro di coordinamento valuterà che le risorse disponibili del pool comunitario (basato sulle eccedenze dei singoli Stati partecipanti) non saranno sufficienti, metterà in moto il nuovo Meccanismo e la sua riserva operativa. La novità è rilevante, perché finora Bruxelles non ha mezzi propri da impiegare e i tempi di intervento non sono mai rapidissimi. Inoltre, l'Unione finanzierà al 75 per cento le spese dei singoli Paesi disposti a incrementare le capacità nazionali che andranno a rafforzare il pool europeo.
Sul versante della prevenzione, il progetto prevede fra l'altro la creazione di una rete europea di conoscenza in materia di protezione civile, per rendere omogenei, e quindi integrabili al meglio, i "linguaggi" tecnici nazionali. Alla Commissione inoltre sarà possibile richiedere piani nazionali di prevenzione e gestione dei rischi e affiancare gli Stati membri che domandano sostegno supplementare.
È questa, diciamolo, l'Europa vera, quella che i cittadini si aspettano. E' l'idea e la realtà di una Comunità capace di battere in breccia lo scetticismo montante e i nazionalismi di ritorno. Una Unione che sa fare davvero la forza: la propria e quella dei suoi popoli.
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