Pomeriggio d'inizio gennaio. Piove. Il cielo è color asfalto, e quanto presto, prima delle cinque, fa buio. È in giorni come questi che sogno: di salire su un aereo, di quelli grandi, che varcano l'oceano, e andare dall'altra parte del mondo, dove gennaio è l'inizio dell'estate. In Argentina: fin da bambina mi affascinava sulla carta geografica, quel nome tintinnante. L' aereo volerebbe sull'immensità dell'Atlantico nella notte, e, inseguendo l'Est, atterrerebbe all'alba a Buenos Aires. M'immagino una città nuova e antica, sedimento di generazioni di migranti: nei viali il viola straordinario di sconosciuti alberi in fiore, e certi barrios con le case colorate come disegni di un bambino. E il Rio de la Plata, largo nastro d'argento, che fluisce, generoso, nell'oceano. Ma ho visto un documentario in tv, su una foresta argentina che in questa stagione si riempie di lucciole: nuvole di lucciole che s'illuminano e si spengono, come nel battito di un cuore. Ho cercato allora sul web le lucciole argentine, non le ho trovate. Sarà vera, quella foresta di stelle? Mi lascio immaginare, laggiù, il profumo della prima estate. È l'Argentina davvero però, che sogno in questo inverno milanese, o invece, inconsciamente, il Paradiso? (Le lucciole ci sono sicuramente in Paradiso, a illuminare le notti. Ed è, per sempre, l'inizio dell'estate).
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