Ci sono scrittori che apparentemente stanno agli antipodi della fede cristiana. Ma vi è chi, sagacemente, riesce a cogliere nei loro romanzi rimandi e riflessi di un’inquietudine spirituale. Michel Houellebecq è uno scrittore francese che va per la maggiore. Considerato nichilista, reazionario, irridente verso la religione, di lui il saggista Jean de Saint-Cheron ha dato questa definizione: «Houellebecq racconta questo mondo che sprofonda nella sofferenza e afferma che è impossibile vivere senza Dio. La gente, però, non ascolta davvero quello che dice». Prendiamo la questione spinosa del fine vita. Nel suo romanzo Annientare (La Nave di Teseo), Cécile, dichiaratamente cattolica, la sorella del protagonista Paul, affronta così il fratello che, malato, non vuole farsi curare: «La vita è un dono di Dio, e Dio ti aiuterà se tu aiuti te stesso, ma se rifiuti il dono di Dio, lui non può fare più niente per te, e in fondo non hai nemmeno il diritto di rifiutarlo, tu forse immagini che la tua vita ti appartenga, ma non è vero, la tua vita appartiene a chi ti ama, tu appartieni prima di tutto a Prudence, ma anche un po’ a me, e forse ad altre persone che non conosco, tu appartieni agli altri, anche se non lo sai». Uno sguardo “personalista” che non è moralista ma che interpella veramente l’Io: «Sono solo mio o anche di altri?».
© riproduzione riservata
© Riproduzione riservata
ARGOMENTI: