Chissà se qualcun altro, oltre ai motori di ricerca, si è accorto della speciale concentrazione di “angeli” che i siti d'informazione ecclesiale ci hanno messo sotto gli occhi negli ultimi giorni… Non dico dei cardinali italiani Amato, Bagnasco e Scola, che fanno tutti e tre «Angelo» di battesimo e che le cronache hanno simultaneamente citato: il primo per aver presieduto a Venezia, sabato pomeriggio, la beatificazione di don Luigi Caburlotto e partecipato alle canonizzazioni a Roma il giorno successivo; il secondo nella sua qualità di presidente della Cei, che da lunedì (discorso d'apertura del Papa) ha in corso i lavori dell'Assemblea generale; il terzo per la festa “Tutti siete invitati” organizzata da diocesi di Milano e Caritas Internationalis lunedì sera in piazza Duomo.Dico degli “angeli” che Pierpaolo e Mattia, due studenti del professor Borghi (ne parla su Vino Nuovo: http://tinyurl.com/oqyd4vb ), sono certi di udire in un Veni Creator Spiritus che il primo ha trovato su YouTube, e il secondo canta ogni domenica, alla fine della Messa «in latino» cui partecipa regolarmente e con frutto («mi fa sentire più spirituale») insieme alla famiglia. E poi dico di altri due: l'angelo della pace e l'angelo dei profughi. L'uno è finito su tutti i siti per essere stato regalato da Francesco a Mahmoud Abbas (Abu Mazen), presidente palestinese, insieme a un auspicio che un Papa non potrebbe non rivolgere a ogni governante, ma che è suonato inudibile alle orecchie israeliane. L'altro invece, di cui riferisce Iacopo Scaramuzzi (su “Vatican Insider”: http://tinyurl.com/nojpk2t ), è nel titolo di un libro di Daniele Biella, prefazione del cardinal Montenegro, che parla di Nawal, una ragazza marocchina che, da Catania, aiuta come volontaria i migranti ricevendo i loro sms dal mare. Le sue emozioni, prima delle sue motivazioni, parlano di «compassione», come, in effetti, solo un angelo potrebbe fare.
© Riproduzione riservata
ARGOMENTI: