martedì 11 agosto 2020
La Juventus non è sempre stata generosa con gli allenatori, i suoi figli compresi. Sei, fra quelli che ho conosciuto, le hanno dato grandi soddisfazioni – Carlo Carcano (4 scudetti e mezzo), Carlo Parola (3 scudetti), Giovanni Trapattoni (7 in un decennio d'oro), Marcello Lippi (5 in nove anni), Antonio Conte (3 consecutivi), Max Allegri (5 consecutivi) – ma solo il Trap e Lippi hanno avuto tutti gli onori. A parte la storia di Carcano (vittima di omofobia), Parola, Conte e Allegri sono stati ripudiati da vincitori, come Sarri. E la memoria mi dice: come Zoff. Dino lasciò il ruolo di selezionatore della nazionale olimpica nell'estate 1988 e tornò alla Juve come tecnico della prima squadra per le successive due stagioni, concluse senza scudetto: un campionato anonimo il primo, nel secondo Zoff centrò il doublé continentale Coppa Italia-Coppa Uefa. Poi, benservito. Il top dell'ingratitudine fu riservato a Didier Deschamps nel 2007, quando il salvatore della patria che aveva riportato la Juve in serie A se ne andò per incomprensioni con la dirigenza, non essendo in uso, a Casa Juve, almeno dal dopoguerra, il licenziamento. Un posticino in questa storia di cuori infranti lo merita infine Ciro Ferrara, voluto in panchina dai compagni al posto di Ranieri – primo esonero ufficiale – poi mandato a spasso e sostituito da Zaccheroni, a sua volta poi sollevato dall'incarico. Ho sentito Zac, domenica sera, parlare della Juve e ho avuto l'impressione che sia ancora sotto choc per il breve percorso di vita con la Signora Omicidi che li lascia così, i suoi paggi e cavalieri: arricchiti e frastornati. Pirlo a sorpresa – dicono tutti. Non ho ancora sentito qualcuno dire «me l'ero immaginato» ma adesso ch'è successo comincio la critica ai narratori del pallone partendo da me. Dovevamo capirlo il giorno della presentazione di Pirlo in un ruolo minore. Indicato dalla Voce del Padrone. Andrea & Andrea sono anche amici. Agnelli ha fatto una scelta di riguardo, e furba: Pirlo giocatore è stato un grande non solo sul campo, ha fatto fare al calcio – non esagero – un salto culturale, il suo gioco l'ha presentato agli occhi del mondo accompagnandolo non dico con umiltà ma con una compostezza signorile, lontana dal divismo becero dilagante come dal misticismo ronaldiano. Virtù pedatorie illustri, taglio umano eccellente sottolineato da riservatezza. Il silenzio è la sua forza. Dopo la nomina ha preso a circolare una sua battuta – «contento e orgoglioso di ricevere tanta stima e fiducia dalla Juventus» – diventata titolo. Ma sotto niente. Spero non diventi Habla Habla. È anche imprenditore, titolare della casa vinicola Pratum. Ama bere il Pinot nero, fin banale definirlo ora appassionato di Pinot Bianconero. Battute a parte, al dunque c'è un personaggio da rispettare che non ha fatto l'allenatore manco ppe' n'ora. Ma sarà accudito come un tesoro. Perché è un apprendista tesoro scelto anche per fermare l'emorragia di euromilioni nel bilancio spremuto per prendere Ronaldo e pagare – a vuoto – Allegri e Sarri. Sono sicuro che Andrea della Panchina piace anche a John Elkann. Adesso deve solo vincere.
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