Sul quadrante nel quale l'ambiente digitale incrocia il Giubileo della Misericordia mi sono soffermato già diverse volte, un po' scherzando, un po' no, ma la storia che ha appena raccontato Gabriele Cossovich sul blog “Vino Nuovo” (http://tinyurl.com/z6ahqzu) è troppo stimolante per non spingermi a fare un'altra puntata.Dunque, in una parrocchia di Milano si è pensato di chiedere ai ragazzi delle medie di rappresentare la misericordia con delle emoticons (le famose “faccine” che si usano per abbreviare le comunicazioni sui social network): prima basandosi sull'idea di misericordia sedimentatasi nelle loro menti (e, meglio ancora, nei loro cuori) fino a oggi, poi avendo letto una pagina, tra le tante di papa Francesco, in cui egli illustra il tema rivolgendosi ai quasi-coetanei della prossima Gmg di Cracovia.La lettura dei risultati dell'esercizio offerta da Cossovich è convincente: l'immagine della misericordia “prima” di aver letto Francesco è convenzionale, distante, retorica; quella “dopo” è gioiosa e centrata sui legami, sulle relazioni e sugli affetti. Quando poi i ragazzi sono passati ad abbinare un'emoticon a ciascuna singola opera di misericordia, corporale e spirituale, se ne sono viste delle belle, giacché talvolta l'immagine ha rappresentato l'effetto dell'opera, talvolta i destinatari, talvolta l'atto o il mezzo per compierla. Qui mi ha molto divertito la totale impertinenza – in senso letterale – di chi ha descritto “Vestire gli ignudi” con un colorato bikini (ah, la pubertà...).Mentre anch'io, come Cossovich, ho molto apprezzato la totale pertinenza messa in campo dalla ragazza che, pur non avendo ancora letto la pagina di Francesco, ha davvero centrato «il significato autentico di misericordia» riassumendola con una faccina... sporca (diciamo così), completata – nel caso avessimo dei dubbi – dalla didascalia: Misericordia è aiutare chi si trova nel... fango (diciamo così).
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