In un mondo dominato dalle emozioni, stabilire la "verità" dei propri sentimenti è un punto centrale. Tutti noi vorremmo essere certi dei nostri sentimenti, soprattutto in amore: essere certi di amare, così come di essere davvero amati. Solo una ragionevole certezza nella verità dell'amore può infatti permetterci di abbassare le difese e di aprire il nostro cuore all'altro: la fiducia possibile comincia da qui. Ma come stabilire questa certezza? Quali criteri possiamo utilizzare? Abbiamo tutti esperienza di quanto le emozioni siano fragili e mutevoli, così fragili da farci pensare che non si possa garantire con onestà a nessuno un amore vero e insieme duraturo.
"Ti amerò per sempre" è una frase che continua ancora ad essere pronunciata, ma alla quale pochissimi ormai credono davvero; è questo uno dei motivi per cui la convivenza senza promesse definitive sembra oggi a molti la soluzione più sincera e rispettosa della persona amata: il matrimonio appare un'istituzione inutile, un atto vuoto di sostanza che nulla può garantire e che al contrario può persino alterare l'autenticità dei sentimenti. Se l'amore è vero, si pensa, ce la farà senza bisogno di alcun vincolo; se così non fosse, forse non era vero amore ed è meglio lasciarlo cadere.
Questo modo di intendere, però, deriva a mio avviso anche dal diffondersi di un equivoco sui significati, legato all'uso ormai intercambiabile di due parole differenti: autentico e spontaneo. Nella nostra quotidianità questi concetti sono di solito usati come sinonimi, ma se ci fermiamo un momento a riflettere scopriremo una cosa interessante: non tutto ciò che è spontaneo può essere definito come davvero autentico, così come non tutto ciò che è autentico nasce sempre in modo spontaneo. Spontaneo è qualcosa che si manifesta senza filtri a partire da una spinta interiore: un moto dell'animo, una risposta del corpo ad uno stimolo, una frase che ci viene alle labbra senza la mediazione del pensiero. La spontaneità ci affascina per la sua naturalezza e per il suo collegamento forte e diretto alle sensazioni, che la satura di emotività. Ma ciò che è spontaneo non sempre è positivo (è spontaneo l'innamoramento, ma lo sono anche il moto di rabbia o la risposta aggressiva) e non esprime necessariamente tutta la verità di una persona, del suo sentire e del suo pensare. La parola "autentico" è invece ciò che esprime al meglio la complessità dell'umano: è una parola imparentata nella sua radice etimologica con " autore-signore" e che richiama concetti come "arricchire, far crescere, aumentare".
Ciò che è autentico è il frutto di una sintesi tra aspetti anche contraddittori tra loro: è autentico ciò che nasce dalle nostre emozioni, ma che è anche passato al vaglio del nostro pensiero e della nostra decisione; è autentico ciò che si è sedimentato, ciò che rimane, e che dunque costituisce in modo stabile qualcosa di veramente nostro, al di là della mutevolezza del sentire. Nell'essere autentici esprimiamo la verità di noi stessi, che comprende il bene e il male, il sentire e il pensare; ciò che è autentico in una persona ha a che fare con la sua identità, al di là delle costanti perturbazioni e tensioni che la riguardano.
Proprio per questo motivo, noi possiamo amare in modo autentico qualcuno verso il quale proviamo sentimenti che si fanno talvolta spontaneamente negativi: è autentico l'amore che sa aspettare, che non si spaventa e non si scoraggia nei momenti bui; l'amore che non si fida solo di ciò che sente, perché tiene vivo anche ciò a cui crede; l'amore che si fa vita attraverso gesti compiuti sempre, quando se ne ha voglia ma anche quando la voglia spontaneamente non c'è. È autentica una promessa che si è capaci di mantenere, è autentica una relazione nella quale ci impegniamo giorno dopo giorno ad amare di nuovo.
È autentico colui che impara un po' alla volta a mettere insieme cuore pancia e testa, emozione desiderio e volontà: un allenamento interessante, che fa di noi persone capaci di vere e buone relazioni.
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