«Scalfari e Augias giocano a chi è più ateo. Non credenti alla frutta»! Notizia gridata su “Libero” (30/6, pp. 1 e 24): ironia e 5 grandi foto. Ancora, ma con indignazione: «Scalfari, ora devi spiegare ai lettori cosa pensi degli atei» (“Il Fatto”, p. 13). Preoccupazioni opposte evidenti e un po' ingigantite: roba di redazione, non di vita corrente. Arriva anche “Il Messaggero” (p. 1 e interna): Massimo Adinolfi però parte da un apparente cruccio personale per l'ipotesi della beatificazione di Blaise Pascal – «Mai successo prima» – e scrive della «scomunica comminata a Baruch Spinoza». Allarme diverso: anch'esso sproporzionato. Spinoza, “il divino” Baruch, quello del “Deus” come Sostanza universale, «la cui idea non ha bisogno di alcun'altra idea che debba formarla», non fu mai scomunicato dalla Chiesa cattolica: era ebreo, e fu allontanato dalla sua comunità... Grande pensatore, vita esemplare per laboriosità e povertà, scritti magnifici da ammirare e da confrontare con le grandezze di millenni di pensiero: se non ci fosse la Rivelazione ebraico-cristiana, ove la divina sostanza si rivela in Gesù incarnato, morto e risorto, la filosofia di Spinoza sembrerebbe – parere personale – la più convincente e la più affidabile al mio balbuziente pensare... Al tempo! Che miserie e che “ammuìne” in certe pagine! Ieri arrivi a leggere che «Scalfari si serve di Bergoglio per mostrare una Chiesa fallita»: pietà per questo cervello da lasciare anonimo. Dio non è morto, la Chiesa cammina, il Papa vive con il suo popolo da Roma ai confini del mondo, gli atei qualche volta sono costretti a ripensarsi e a ripensare ascoltando i credenti, che hanno sempre il dovere di rispettare e ascoltare chi non crede. Nel suo ultimo anno e mezzo di vita Teresa di Lisieux visse – lo ha scritto espressamente – come «sorella degli atei, seduta alla loro tavola». E senza ammuìne!
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