Chi reagisce alla provocazione ha sempre torto, a tal punto da oscurare il torto del provocatore. Eppure, nella vicenda del professore di Pontedera che, novello Zidane, assesta un pugno allo studente novello Materazzi (finale ai Mondiali 2006 in Germania), la patria sembra schierarsi con Zidane, insomma, con il professore prontamente sospeso. Scrive Marco Gasperetti sul “Corriere” (5/11) che l’insegnante «ha ricevuto centinaia di messaggi d’incoraggiamento e c’è chi addirittura ha scritto che lo vorrebbe ministro». E già qui cominciamo a capire che il fatto di cronaca racchiude tante piccole verità e innumerevoli inquietudini irrisolte.
Dichiara un collega: «Il merito? Certo, ma prima serve l’educazione e soprattutto il rispetto del docente. A volte abbiamo la sensazione d’insegnare in una giungla». Chi vuole ministro il professore, chi – come Sebastiano Messina sulla “Repubblica”, rubrica “Cucù” (5/11) – vorrebbe preside la mamma dell’alunno. Perché questa è notizia vera che segna uno scarto. La mamma ha parlato al “Tirreno”. “Libero” (5/11) riprende il servizio informando che il professore è in “ferie forzate” mentre per ora l’unico provvedimento nei confronti dell’alunno, tanto irritante da aver fatto saltare i gangheri (che mai dovrebbero saltare, e per fortuna saltano di rado) al professore, l’ha preso la madre: niente regalo di compleanno, che non consisterebbe in una motocicletta, come scrive Messina, ma in un giro in moto in un circuito ad hoc. La stessa madre chiede alla scuola di punire suo figlio. Ma non sono i genitori tutti protesi a giustificare sempre e comunque i loro pargoli, dando addosso ai docenti?
«Non ci siamo abituati – scrive Giusi Fasano sul “Corriere” (7/11). – Forse è per questo che abbiamo dovuto rileggere più volte le parole di quella mamma. “Mio figlio ha sbagliato”, ha detto. “L’ho punito e tra poco sarà punito anche dalla scuola con una sospensione. È giusto, gli sta bene. Alla cattedra a fare il buffone non ci doveva andare, assolutamente”». La mamma saggia non assolve però il professore, i pugni non si danno mai, ma attenzione alla finezza: non giudico la persona, che non conosco, ma il gesto. Il peccato ma non il peccatore, vien da pensare. Quella mamma, conclude Giusi Fasano, «ha dato una lezione a tutti, a cominciare da suo figlio».
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