Un salmista ha avuto una percezione fortissima dell'immensità della giustizia divina e a suo riguardo si esprime in questi termini: «La tua giustizia, Dio, è alta fino al cielo» (Sal 71,19). Osservando il contesto da cui proviene questa dichiarazione ci si accorge subito che essa non è il frutto di un lavoro accademico, speculativo, bensì il risultato di una esperienza reale di vita che il salmista descrive nel suo componimento. Sperimentando in concreto la fedeltà divina che ha condotto la vicenda del salmista a un esito di salvezza egli può dichiarare che la giustizia divina è sconfinata. Paragonarla all'altezza del cielo viene anche da queste considerazioni pratiche: Dove comincia esattamente il cielo? È possibile collocarsi con precisione alla frontiera tra esso e la terra? Questa sfuggevolezza di confini innalza ulteriormente la grandezza con cui la giustizia divina viene presentata. La volontà divina di non far prevalere il male sul bene, la morte sulla vita, contingenze che il salmista ha toccato con mano, è sconfinata. L'impossibilità di dire con esattezza dove finisca la terra e cominci il cielo rimanda alla irrazionalità nell'affermare che la giustizia divina ha limiti. La distanza tra cielo e terra è rinvio alla smisuratezza d'amore con cui Dio assicura la vittoria del bene sul male perché la giustizia è frutto dell'amore.
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