Stavolta non sembra un vezzo ambientalista o una fissazione da fondamentalisti verdi. È un allarme serio, scientificamente fondato, che anche il mondo agricolo più “biosensibile” inizia a condividere con apprensione. Il calo repentino del numero di api nel continente europeo (una specie su 10 è già a rischio estinzione) rappresenta una minaccia per le campagne come per le città. Basti pensare che l'impollinazione provocata da questi insetti garantisce oltre l'80 per cento delle specie coltivate nell'Unione e la produzione di gran parte della frutta e della verdura in essa consumata. Per dare un'idea del ritmo con cui avviene la loro decrescita, il numero di alveari scomparso in cinque anni solo in Italia ammonta a circa 200mila.
Ma che c'entra la Ue? Il problema, dicono, è proprio che dovrebbe entrarci e non lo fa, o almeno non con l'efficacia concreta e la rapidità che servirebbero. Per questo, dalla fine dello scorso anno, è in atto una raccolta di firme negli ormai 27 Paesi membri, nell'ambito della campagna “save bees and farmers” – salviamo le api e gli agricoltori – adottata mediante lo strumento dell'Ice, “Iniziativa dei cittadini europei”. Si tratta di un meccanismo di democrazia partecipata “dal basso”, previsto dal Trattato della Ue e disciplinato da uno specifico regolamento, che il 1° gennaio prossimo compirà dieci anni.
Un'Ice può essere proposta da un comitato di cittadini residenti in almeno sette Stati membri diversi e, per avere successo, deve raccogliere nell'arco di un anno l'adesione di un milione di firme, con soglie minime in ogni Paese commisurate al numero dei suoi abitanti. Ciò per dare la garanzia che la materia proposta sia condivisa in forma diffusa dalla gente. Se la raccolta riesce e le firme di sottoscrizione vengono convalidate, la Commissione di Bruxelles viene invitata a predisporre interventi concreti per attuare le finalità dell'iniziativa e l'Europarlamento potrà discuterne in assemblea e controllare che l'Esecutivo dia seguito alla petizione.
Nel caso delle api, gli obiettivi sono eliminare entro il 2035 i pesticidi sintetici, ripristinare gli ecosistemi naturali nelle aree agricole, sostenere la transizione delle aziende verso coltivazioni senza ogm e agrofarmaci. Effettivamente la decrescita massiccia dei simpatici imenotteri è un problema da non sottovalutare. Tutti gli esperti concordano nell'affermare che, oltre all'impollinazione, la loro presenza e la loro attività svolge una funzione preziosa di “sentinelle” dell'inquinamento. La raccolta delle firme per l'Ice in loro (e nostro) favore procede con qualche difficoltà, causa anche il Covid-19. Ma intanto la Commissione ha consentito, proprio per la pandemia, di spostare dal 30 settembre scorso al 31 marzo prossimo la scadenza per toccare quota un milione di firme.
In pieno clima di “Green new deal”, ci sono insomma le premesse perché l'operazione vada in porto. In passato, solo altre quattro volte le Iniziative dei cittadini sono arrivate al traguardo. La più votata è stata quella denominata “One of us”, per il riconoscimento giuridico e la tutela nel diritto comunitario dell'embrione, da considerare appunto “Uno di noi”. Raccolse poco meno di due milioni di firme (oltre un milione e 700mila validate), ma incappò nel veto della Commissione Barroso, che ritenne la materia improponibile, con il consenso a maggioranza dell'assemblea di Strasburgo. Anche il successivo ricorso alla Corte di giustizia Ue da parte dei promotori (guidati dall'indimenticabile Carlo Casini) è stato respinto ad aprile di due anni fa. Alle api andrà meglio? È possibile. Intanto anche tantissimi embrioni continuano a sparire in silenzio, sentinelle ignorate di un degrado umano e civile forse più lento, ma inesorabile.
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