Nel Padiglione della vecchia Fiera campionaria - dove da bambini si andava a vedere le Fiat 500 e i frigo, e le lavatrici, nella Samarcanda del boom, dei soldi che cominciavano a girare - col Covid era stato istituito un grande centro vaccinale.
Ero andata in un giorno dedicato agli ultrasessantenni. Ordinatissimo il procedere dei cittadini dagli sportelli alle sale della vaccinazione: una macchina precisa e ammirevole smistava gli ex bambini degli anni Sessanta. Li ho guardati sfilare: la casalinga dimessa e la bionda liftata e “firmata”, il professionista con l’occhio sull’orologio e il pensionato decoroso, lento. Le coppie assieme da una vita, e i rimasti soli. Quelli che negli anni di piombo soffiavano sul fuoco, e i possibili bersagli, che tremavano nell’uscire di casa.
Eccoci qui, quasi vecchi, uguali nella paura di un virus che ha seminato la morte. Contro quanti nemici abbiamo gridato? Questo nemico, mai ce lo saremmo immaginato.
1251, 1252, chiamano, noi ci alziamo e andiamo, ubbidienti. Tra le facce a un tratto mi pare di riconoscere il profilo di un antico compagno di scuola. Ma quello va di fretta: forse non ha voglia di salutare, o, peggio, di fare bilanci. Si confonde subito nella folla.
Sono, ora, i ragazzi dei cortei che spaventavano Milano, un quieto ondeggiare di chiome grigie.
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