Sulla carta è molto più di una notizia simbolica, perché è una novità che potrà cambiare in concreto la vita di centinaia di migliaia di giovani italiani. Lo Stato garantirà (finalmente) ai ragazzi precari e con un reddito basso l'accesso al mutuo per l'acquisto della prima casa. Questo provvedimento è entrato in vigore qualche giorno fa con il decreto "Sostegni bis": prevede che lo Stato garantisca l'80% della quota capitale del mutuo per la prima casa, a favore di giovani fino a 35 anni che hanno un ISEE (l'indicatore del reddito complessivo) non superiore ai 40mila euro annui. Nel pacchetto dei benefici rientrano anche l'esenzione dalle imposte di registro, ipotecarie e catastali e il rimborso dell'eventuale Iva versata per l'acquisto dell'abitazione. Le banche avranno un mese di tempo per adeguarsi alla nuova normativa, che sarà operativa a partire dal 24 giugno. «Mandiamo i bamboccioni fuori di casa. Incentiviamo a uscire di casa i giovani che restano con i genitori, non si sposano e non diventano autonomi. È un'idea importante» dichiarò nel 2007 l'allora ministro dell'Economia Tommaso Padoa Schioppa. Sono trascorsi 15 anni perché fosse tradotto in realtà quel giusto proposito. Perché la forza di questa misura – rivoluzionaria per il nostro Paese, ma già attiva da tempo in altri Paesi – è la capacità di intervenire su una delle grandi "anomalie generazionali" che affliggono l'Italia: secondo Eurostat i giovani italiani escono dalla casa di famiglia in media a più di 30 anni, con ben 10 anni di ritardo rispetto ai coetanei dei Paesi Scandinavi e 7 anni di ritardo rispetto ai tedeschi e francesi. In questa fase storica, peraltro, aiutare l'emancipazione dei nostri ragazzi diventa ancora più importante in relazione all'andamento del mercato del lavoro. I lockdown e lo smartworking, infatti, hanno prodotto l'effetto perverso di danneggiare chi oggi aspira ad entrare in un'azienda: negli ultimi 15 mesi le imprese hanno molto spesso azzerato le opportunità di stage o tirocinio per giovani laureati e diplomati, prosciugando di fatto i canali di accesso al mondo del lavoro. Perché questa misura possa funzionare sarà necessaria naturalmente una collaborazione "fair" da parte delle banche, che stanno vivendo una stagione di "minor rischio" grazie alle garanzie fornite dallo Stato. Nel caso dei nostri ragazzi serviranno criteri di valutazione capaci di declinare in concreto il "ruolo sociale" che i principali istituti di credito aspirano sempre più a svolgere. Sapendo che l'emancipazione dei ragazzi è una questione di grande importanza per il futuro del Paese.
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