Ancora una volta l'agricoltura dovrà cedere qualcosa a beneficio dell'industria? Può darsi. Il fatto è, in ogni caso, che l'ennesima tornata di negoziati nell'ambito della Wto (World trade organization) ha riproposto almeno due consueti problemi che forse molti pensavano risolti: da una parte il braccio di ferro fra Europa e Usa sul fronte dei sussidi agricoli, dall'altra il delicato rapporto fra l'agricoltura e il resto del sistema economico.La partita che si gioca in queste ore a Ginevra ' sede della Wto ' è a più mani, con regole variabili e con più traguardi. Ma, a fissare davvero i termini della questione ci ha pensato il Direttore generale dell'Organizzazione mondiale del commercio, Pascal Lamy, affermando semplicemente che dopo anni di negoziati adesso occorre decidere oppure sarà troppo tardi. Ma sul tavolo della trattativa l'intreccio di problemi è davvero strettissimo. Basta leggere quanto dichiarato alle agenzie da uno dei Commissari Ue che prendono parte al negoziato: gli interessi che l'Ue deve promuovere non stanno solo nel difendere l'agricoltura, ma anche nel creare opportunità economiche e di lavoro nell'industria e nei servizi, ottenendo maggiore apertura per i prodotti europei anche in cambio di qualche concessione in campo agricolo. Una ricetta che ovviamente non è piaciuta per nulla ai rappresentanti degli agricoltori, ministri compresi. Tanto da far dire a Paolo De Castro, responsabile delle Politiche Agricole del governo Prodi, che un accordo si dovrà pur trovare, purché sia equilibrato. Perché se questo andrà a far pagare solo l'agricoltura e, all'interno dell'ambito agricolo, solo i prodotti sensibili, già poco protetti, per l'Italia allora è meglio un «non accordo». Già, perché all'interno della compagine europea le «parti agricole» appaiono tutt'altro che omogenee: la Francia, per esempio tiene moltissimo alle sue barriere protezionistiche, l'Italia deve a tutti i costi difendere i propri prodotti tipici, invidiati e copiati da tutto il mondo e fino ad oggi assolutamente non protetti. Poi c'è il braccio di ferro Ue-Usa. In questo caso, le ipotesi sul tavolo sembra siano restringibili a una riduzione omogenea rispettivamente dei sussidi agricole erogati dal Congresso Usa, e delle tariffe imposta e dall'Unione europea. Ma anche in questo caso occorre mettere d'accordo esigenze pressoché divaricate. Ovviamente l'Italia propone l'elenco delle categorie fino a oggi più protette e, altrettanto ovviamente, una superpotenza agricola come la Francia non ci sta. Il gioco degli intrecci di interessi economici e di alleanze politiche, quindi si riversa interamente sull'agricoltura al centro, come al solito, delle politiche economiche internazionali con buona pace di chi la vorrebbe morta. Rimane, di fronte a tutto questo l'avvertimento di Lamy: un rinvio delle decisioni sfocerebbe in «un fallimento garantito» del Doha round iniziato nel lontano 2001.
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