Nel primo trimestre dell'anno le imprese agricole sono diminuite di oltre 13.100 unità. Detto in altre parole, quasi una impresa su tre (30%) dell'intero sistema produttivo che ha chiuso i battenti è agricola. Ad indicarlo è stata Unioncamere nella sua consueta analisi dei «movimenti» di apertura e chiusura delle imprese. Si tratta di numeri che vanno letti con attenzione e che posso anche indicare un percorso non sempre negativo.Prima di tutto una classifica. «Dopo l'agricoltura – ha commentato Coldiretti –, sul podio dei saldi negativi salgono le costruzioni con un calo di 12.507 unità e il commercio all'ingrosso e al dettaglio con un taglio di 9.151 unità». Il primo posto in una graduatoria di questo genere, indica la presenza di un forte processo di riorganizzazione in atto nel settore, ma è anche, stando sempre a Coldiretti, l'effetto dell'altrettanto forte calo del 4,4% del valore aggiunto agricolo fatto registrare nel 2012 e causato dalle calamità atmosferiche oltre che dalla stretta creditizia. «Il credito agrario erogato alle aziende agricole – sottolineano a questo proposito i coltivatori –, ha subito un taglio del 22% nel 2012 con il valore delle erogazione sceso al livello più basso dal 2008». Nel 2012 è stato quindi erogato un monte-crediti all'agricoltura di 2,11 miliardi di euro, contro i 2,73 miliardi circa registrati nel 2011. Con tanto di «effetto credit crunch»: le sofferenze sarebbero aumentate e coinvolgerebbero circa 16.200 imprese in difficoltà per 4,2 miliardi. A preoccupare, poi, c'è anche la situazione di molte medio-grandi imprese che, come ha indicato Confagricoltura, «non trovano margini di redditività, strette tra costi produttivi insostenibili, ricavi non remunerativi e mercato interno in flessione per il calo dei consumi».Una situazione alla quale si aggiunge – come ha fatto notare la Cia- Confederazione italiana agricoltori –, il peso degli oneri previdenziali (cresciuti in poco meno di due anni del 26%) e di quelli riferiti alla burocrazia. Eppure, nel comparto agricolo c'è ancora voglia di spendere soldi per investimenti. Un orientamento che ha più di una ragione d'essere anche se dall'inizio 2013 pare si sia verificato «un netto rallentamento della gestione dell'iter istruttorio presso le maggiori banche attive nel settore del credito agrario, con un preoccupante blocco dei processi di investimento, in particolar modo legati ai rinnovi degli impianti e macchinari».Dai numeri emerge però una constatazione di fondo: il futuro della produzione agroalimentare nazionale, passa dal delicato equilibrio fra razionalizzazione della base produttiva, mantenimento delle minime condizioni di redditività necessarie e particolare natura dell'attività esercitata dalle stesse aziende agricole, alle prese non solo con i mercati ma anche con fattori non sempre controllabili dagli imprenditori.
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