È stata la settimana del gambero per i nostri contorni del cibo. Un passo avanti s'è fatto con i dati sull'obesità infantile, che sarebbe regredita soprattutto in America, segno che i movimenti di opinione fanno più rumore delle campagne studiate a tavolino. Un passo indietro è invece l'abiura della tovaglia. Ebbene sì: zitti, zitti, i ristoranti moderni, in nome del design, dello stile e dei tavoli di pregio hanno pensato di fare a meno della tovaglia. Ma anche nelle case sta prendendo forma questa tendenza, coi suoi pro e i suoi contro. C'è chi dice che la tovaglia su un tavolo di legno pregiato è un di meno e chi invece sogna di non avere più quella spesa nella sua microimpresa. Il lavaggio di tovaglie e tovaglioli pare fosse diventato anche un indicatore del numero di coperti, che interessava al fisco. Che i "grandi" ristoratori scelgano questa strada, da Cracco ad Alajmo, è ormai assodato: ma se lo fanno solo per dare un senso di informalità senza modificare nulla nei prezzi, qualcosa scricchiola. Non si vive di sola immagine e l'abiura della tovaglia sembra quanto mai frettolosa. Mi ha infatti colpito, anni fa, un dialogo con lo psichiatra Alessandro Meluzzi che della tovaglia aveva fatto addirittura un elemento di educazione: «Con i miei ragazzi, quando mangiamo insieme, mettiamo sempre la tovaglia, perché quel lenzuolo unisce, dà un senso di comunità. La tovaglietta invece divide, lascia soli». Come dargli torto, in una società dove si cerca in tutti i modi di togliere traccia ai punti di riferimento, in maniera più o meno subdola? Anche il posto a tavola è un riferimento, in una famiglia, lo è sempre stato. Ma lo sono anche certe tradizioni che permangono, come quella di fare la polenta alla domenica, nelle famiglie bergamasche. «E se una domenica, per caso, non c'è la polenta – mi disse un professore – ci si domanda che cosa sia successo in famiglia». Ora, la notizia che ha iniziato a fare il giro dei media a metà settimana, mi ha colto mentre a Brescia seguivo il Gran Trofeo d'Oro, ossia un concorso fra gli allievi delle scuole alberghiere di tutta Italia. E sondando i pareri dei loro docenti, come dei cuochi che erano in giuria, ho raccolto poche adesioni convinte alla tovaglia. E non me l'aspettavo. Togliere la tovaglia, concordo con Alessandro Meluzzi, ci impoverisce. In un momento dove invece abbiamo bisogno di essere ricchi, almeno di poche cose certe, che pure una vecchia tovaglia può timidamente evocare.
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