“Acab”, celerini in chiaroscuro nella serie tv al via su Netflix
sabato 25 gennaio 2025
Sedici anni dopo il libro di Carlo Bonini e tredici dal film di Stefano Sollima, è arrivata su Netflix la serie Acab, acronimo dell’inglese «All cops are bastards», ovvero «Tutti gli sbirri sono bastardi», che narra la storia di una squadra del Reparto mobile della Polizia: la Celere, per intenderci. Tutto parte dalla Val di Susa dove un gruppo di celerini di stanza a Roma viene mandato a supporto dei colleghi piemontesi per reprimere i contestatori No Tav e consentire i lavori per l’alta velocità ferroviaria. Ma la squadra romana, per vendicare il proprio capo gravemente ferito da una bomba carta, si spinge oltre il consentito, inseguendo e colpendo i manifestanti una volta inermi fino a ridurne uno in fin di vita. Da qui si sviluppa la vicenda, diluita in sei episodi di una cinquantina di minuti ciascuno, in cui, oltre all’attività professionale della squadra, si racconta la vita privata dei vari componenti e in particolare di alcuni di loro: l’ispettore Michele Nobili (Adriano Giannini), il vice Ivano Valenti detto Mazinga (Marco Giallini), l’agente Marta Sarri (Valentina Bellè) e il collega Salvatore Lovato (Pierluigi Gigante). Ognuno ha un modo diverso d’intendere il proprio lavoro. Nobili, ad esempio, ha una concezione meno violenta dell’attività della Celere al contrario di Valenti che invece risolverebbe tutto con la forza. Quello che però accomuna tutti sono le difficoltà familiari e sentimentali, in alcuni casi al limite della tragedia. Nessuno di loro è felice. La tristezza, la preoccupazione, i dilemmi morali, le contraddizioni e persino la rabbia segnano i loro volti e guidano le loro azioni. La serie, da un punto di vista formale, è fatta bene, con una forte tensione, sostenuta da un’appropriata colonna sonora a firma dei Mokadelic, mentre il ritmo, a tratti esasperato nelle scene di violenza (che non mancano) e a tratti lento e riflessivo, consente di umanizzare e approfondire la psicologia dei vari personaggi sotto la direzione di Michele Alhaique, che ha lavorato sulla sceneggiatura dello stesso Bonini scritta con Filippo Gravino, Elisa Dondi, Luca Giordano e Bernardo Pellegrini. Va anche ricordato che il libro e poi il film, di cui la serie è uno sviluppo, nacquero all’indomani del G8 di Genova e dei fatti alla caserma Diaz dove le violenze dei Reparti mobili, tra cui proprio quello di Roma, sono state ampiamente accertate. Al di là di questo, l’immagine della Polizia offerta al pubblico di Netflix è ancora molto negativa, soprattutto arrivando nel pieno del dibattito sul disegno di legge sicurezza e del cosiddetto «scudo penale» per le forze dell’ordine. Acab fa comunque capire che esiste un confine da rispettare tra uso legittimo e illegittimo della forza, ma anche a quale stress sono sottoposti gli uomini e le donne della Polizia non sempre preparati sul piano psicologico ed emotivo. © riproduzione riservata
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: