L'eccesso di informazioni a cui siamo quotidianamente sottoposti non solo ci impone una difficilissima separazione dell'erba buona da quella cattiva ma converte, ed è questa la cosa peggiore, gli opposti, così che nella nostra mente si scambino di ruolo, sempre più velocemente, sempre più confusamente. Poi non reggiamo più il meccanismo, ed è in quel momento che cadiamo in preda all'alienazione più barbarica. E non si può che provare pietà per chi si riduce alle più elementari equazioni, quelle semplicistiche della propaganda di certa politica, che separano i buoni dai cattivi secondo i criteri più insalubri. Ad esempio quello del razzismo. Il razzismo è sempre un'efficace sirena per chi ha paura. Ne è stato ed è, storicamente, l'incarnazione più a buon prezzo. La guerra dei poveri contro i più poveri. Si tratta allora di non contrapporsi a chi cade in questa trappola, ma di incontrarlo. Di ascoltarlo. Di far sì che la sua paura reale emerga. L'evangelico "amare i propri nemici" trova qui un terreno quanto mai fertile per dimostrare quanto si giochi in questo momento. Abbracciare il razzista. Sconfiggerlo con l'amore. Fargli capire, accogliendolo, che l'accoglienza è l'unica dimensione umana ed evangelica praticabile.
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