Quasi inciampa sul binario della macchina da presa, ma non è questo a stroncare la sua carriera nel cinema, e neppure il piccolo errore che commette nel pronunciare l’unica battuta che competerebbe al suo effimero ruolo di cameriera: «Oggi pasta al sugo e fritturina di calamari». Il vero dramma che si consuma sul set di La moglie del prete, così come è stato ricostruito da Paolo Virzì in La prima cosa bella (2010), corrisponde all’irruzione del gelosissimo marito dell’aspirante attrice Anna, interpretata qui da Micaela Ramazzotti e poi, in età matura, da Stefania Sandrelli. La scena è un capolavoro di filologia cinematografica. La moglie del prete fu effettivamente girato a Tirrenia, presso gli studi di Pisorno, crasi tra Pisa e Livorno (la città in cui è ambientata La prima cosa bella) e a impersonare il regista di allora, Dino Risi, è il figlio Marco Risi, regista a sua volta. Più ancora di questa elegante vertigine di corrispondenze, però, a rimanere impresso è l’intercalare del romanissimo direttore di scena che, rivolgendosi alla fuggitiva Anna, la apostrofa con uno strepitoso: «A’ come te chiami!». Un nome ce l’hanno tutti, perfino le comparse. Il guaio è che spesso nessuno lo conosce e allora si ricorre al vocativo generico, alla sbrigativa onomastica del «come te chiami».
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