sabato 4 gennaio 2020
«Il meglio deve ancora venire» recita un motto identitario della cultura calvinista. Difficile dire se sia vero rispetto all'economia italiana dei prossimi anni, ma ciò che è certo è che il peggio lo abbiamo appena vissuto. Gli anni del decennio appena trascorso infatti sono stati, dal punto di vista della crescita economica, i peggiori del nostro Paese dall'Unità d'Italia ad oggi. Lo dicono (impietosamente) i numeri: come ha evidenziato Carlo Cottarelli, nel decennio 2010-2019 il nostro Pil è aumentato in media dello 0,2 per cento l'anno, perfino meno che negli anni Quaranta dominati dalla seconda Guerra Mondiale. Una performance lontanissima dai nostri "simili" in Europa, dove il Pil francese nello stesso periodo è cresciuto in media dell'1,3 per cento e quello tedesco del 2 per cento l'anno. Perfino la Spagna dal 2010 al 2019 è cresciuta mediamente dell'1 per cento l'anno, nonostante abbia dovuto affrontare una spaventosa doppia crisi di natura finanziaria e immobiliare. In realtà, l'andamento del Pil pro-capite italiano non è stato negli ultimi anni molto diverso da quello di Germania e Francia: ciò indica chiaramente che la causa principale della mancata crescita è la "crisi delle nascite". Anche in questo caso i nostri numeri fanno impressione: nel 2018 le nascite in Italia sono state meno di 440mila, contro le 577mila di dieci anni prima e il milione degli anni Sessanta. Ma ancor più dei dati, conta il sentimento dominante sia nelle elitè che all'interno della società italiana. Oggi siamo abituati ad esultare per una crescita dello zero virgola o per la possibilità di sforare il rapporto deficit/Pil d'un decimale in più. Oppure per un nuovo ed effimero bonus, che aiuterà qualcuno di noi a compiere un'azione virtuosa e che dopo 12 mesi sarà silenziosamente accantonato a favore d'un nuovo bonus. Siamo immersi nelle divisioni quotidiane da talk show e appagati dalla stanca eccitazione dell'ultimo match tra due leader politici, mentre siamo disabituati alle visioni-Paese. Al punto che forse non siamo più neanche in grado di riconoscere progetti capaci di catalizzare le energie individuali in un'unica direzione di marcia, chiara per tutti e attraente per molti, che rappresenti un futuro comune degno d'essere vissuto. Il 2020 sarà, da questo punto di vista, l'anno del "ritorno al futuro"? È l'augurio sincero che faccio a tutti noi.
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@FFDelzio
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