Ha aspettato molti anni per raccontare la sua vita di bambina e di ragazza in Germania, durante la guerra. Tra i tredici e i diciannove anni, tra il 1939 e il 1945,
per Monique Lévi-Strauss tenere un diario avrebbe potuto rappresentare un pericolo per la
famiglia; allora non si scherzava con le perquisizioni della Gestapo. Poi, dopo la guerra, quando i ricordi erano ancora caldi e sarebbe stato il momento di raccontarli, ebbe la netta sensazione che non interessassero a nessuno: allora si voleva voltare pagina e dimenticare. Il momento giusto è arrivato solo a metà degli anni Novanta sollecitato dall’emozione suscitata dalla lettura di altre biografie pubblicate in Germania a ridosso della seconda guerra mondiale, e dalla voglia di raccontare ai suoi nipoti le loro origini. Ma per Monique Lévi-Strauss raccontare e ripercorrere quegli anni, che hanno inciso così profondamente sul suo carattere e sul suo futuro, è stato anche un modo per ritrovarsi e per collocare dentro qu momento storico sciagurato, l’irresponsabile scelta di suo padre. Ingegnere belga, Jules Roman aveva voluto portare la famiglia in Germania dove aveva trovato lavoro, incurante del fatto che gli ebrei, come sua moglie, dalla Germania nazista scappavano. Scelta scriteriata, dettata da un’ingenua e miope considerazione del nazismo e dall’ide che gli stranieri se la sarebbero cavata. Un’infanzia nella bocca del lupo (EDB; 14 euro)
come dice il titolo dell’autobiografia, ricompone come un romanzo il destino singolare e le tribolazioni di una bambina che insieme a sua madre e al fratellino vengono portati nel cuore del Terzo Reich. Una lettura appassionante che accompagna la bambina prima e la ragazza poi in una storia di quotidianità segnata da privazioni e sacrifici, fatiche e paure, continui cambiamenti di città, case, scuole e amici. Ma sempre sostenuta dal coraggio, dalla generosità e da una tenacia nello studio che in tante occasioni le hanno aperto porte impensabili. Dai 15 anni.
La coppia
Jeanne Willis-Tony Ross, autrice e illustratore, continua
a dar prova di affiatamento: dopo Paolona Musona, Nicola Passaguai, Gisella Pipistrella e Un tortino di mammut arriva questo Abbracciami! (Il Castoro; 13,50 euro) un albo a figure sul tema dell’amore di mamma.Si può metterlo in dubbio? Non è forse vero che ogni scarafone è bello per mammà? Tuttavia lo struggimento del piccolo lumacone Simone preoccupato di non essere amato per via del proprio aspetto un po’ viscido e appiccicoso, merita di essere letta insieme ai più piccini. Perché il lungo iter di travestimenti adottati dal cucciolone per rendersi più piacevole, su suggerimento di vari amici, è spassoso. Ma evidentemente destinato al fallimento. Il baby lumacone non ha capito che ci sono tanti modi di voler bene e che l’aspetto fisico con l’amore materno non c’entra proprio nulla. Dai 3 anni.
Anche la quaglia protagonista di questo albo illustrato di Arianna Papini ha un problemino con se stessa: ha sempre pensato di non essere abbastanza intelligente, all’altezza di capire le cose del mondo. O forse così l’hanno fatta sentire in tanti. Quelli che le vogliono bene, per esempio, ma solo perché con lei possono sentirsi superiori. La quaglia vive alla giornata ma gira e rigira un pensiero fisso ce l’ha: non ha mai covato un uovo e forse, prima che la vecchiaia avanzi del tutto, avere un piccolino
le piacerebbe eccome. E un giorno guarda caso, ecco l’occasione giusta. Un sasso liscio e rotondo le si presenta davanti. Un sasso o un uovo? Guardato e riguardato, quel “coso” l’attrae e ci si accoccola sopra. Cosa succede non si può rivelare per non sciupare la sorpresa di questa storia che, come tutte le fiabe, vaga nei territori dell’impossibile. Con poesia, tenerezza e grazia. Pubblicato nel 2012 dalla casa editrice Prìncipi & Princípi (che purtroppo ha avuto vita breve) La quaglia e il sasso torna in libreria, con una copertina tutta nuova molto più solare della precedente,
grazie all’editore Carthusia (15,50 euro). Dai 3 anni.
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