Il Papa tra i fedeli all'inizio dell'udienza generale del 24 aprile in piazza San Pietro - ANSA
Le virtù teologali «sono il grande antidoto all’autosufficienza», all'arroganza e alla superbia. Quest'ultima è «un veleno potente: ne basta una goccia per guastare tutta una vita improntata al bene». Così il Papa nella catechesi dell'udienza generale del 24 aprile, in piazza San Pietro, alla fine della quale, prima di recitare il Padre Nostro, il Pontefice ha ancora una volta invocato pace per tutte le zone di Guerra e chiesto due Stati per Israele e la Palestina. Inoltre, nel saluto ai fedeli polacchi ha detto: «Promuovete la vita, non lasciatevi ingannare dalla cultura della morte».
Dopo aver completato nelle precedenti udienze il discorso sulle quattro virtù cardinali (prudenza, temperanza, fortezza e giustizia), attinenti a una saggezza precedente al cristianesimo che Gesù ha valorizzato, Francesco ha cominciato a parlare di fede, speranza e carità, definite dai padri della Chiesa «virtù teologali», perché - ha spiegato - «si ricevono e si vivono nella relazione con Dio, per differenziarle dalle altre chiamate “cardinali”, in quanto costituiscono il “cardine” di una vita buona. Le une e le altre - ha aggiunto -, accostate in tante riflessioni sistematiche, hanno così composto un meraviglioso settenario, che spesso viene contrapposto all’elenco dei sette vizi capitali» (oggetto anch'esse di precedenti catechesi del mercoledì). Citando quindi il Catechismo, ha spiegato che le virtù teologali, «fondano, animano e caratterizzano l’agire morale del cristiano. Esse informano e vivificano tutte le virtù morali. Sono infuse da Dio nell’anima dei fedeli per renderli capaci di agire quali suoi figli e meritare la vita eterna. Sono il pegno della presenza e dell’azione dello Spirito Santo nelle facoltà dell’essere umano».
Virtù cardinali e teologali devono camminare insieme, ha raccomandato il Papa. Il rischio delle prime è infatti «quello di generare uomini e donne eroici nel compiere il bene, ma tutto sommato soli, isolati, il grande dono delle virtù teologali è l’esistenza vissuta nello Spirito Santo. Il cristiano non è mai solo. Compie il bene non per un titanico sforzo di impegno personale, ma perché, come umile discepolo, cammina dietro al Maestro Gesù. Le virtù teologali sono il grande antidoto all’autosufficienza. Quante volte certi uomini e donne moralmente ineccepibili corrono il rischio di diventare, agli occhi di chi li conosce, presuntuosi e arroganti». Ciò avviene, ha proseguito Francesco, quando subentra il veleno potente della superbia. «Una persona può avere compiuto anche una montagna di opere benefiche - ha avvertito il Papa -, può aver mietuto riconoscimenti ed encomi, ma se tutto ciò l’ha fatto solo per sé, per esaltare sé stessa, può dirsi ancora una persona virtuosa? Il bene non è solo un fine, ma anche un modo. Il bene ha bisogno di tanta discrezione, di molta gentilezza. Il bene ha bisogno soprattutto di spogliarsi di quella presenza a volte troppo
ingombrante che è il nostro io. Se ogni azione che compiamo nella vita la compiamo solo per noi stessi, è davvero così importante questa motivazione?».
Perciò servono le virtù teologali. Proprio a «correggere tutte queste situazioni che a volte diventano penose, le virtù teologali sono di grande aiuto. Lo sono - ha specificato papa Bergoglio - soprattutto nei momenti di caduta, perché anche coloro che hanno buoni propositi morali a volte cadono. Siamo tutti peccatori. Come anche chi si esercita quotidianamente nella virtù a volte sbaglia: non sempre l’intelligenza è lucida, non sempre la volontà è ferma, non sempre le passioni sono governate, non sempre il coraggio sovrasta la paura. Ma se apriamo il cuore allo Spirito Santo, Egli ravviva in noi le virtù teologali: allora, se abbiamo perso la fiducia, Dio ci riapre alla fede; se siamo scoraggiati, Dio risveglia in noi la speranza; se il nostro cuore è indurito, Dio lo intenerisce
col suo amore».
Al termine dei saluti finali il Pontefice ha nuovamente chiesto di pregare per la pace nel mondo. «Il pensiero va alla martoriata Ucraina, alla Palestina, al Myanmar che sono in guerra e tanti altri Paesi. La guerra sempre è una sconfitta, in cui chi ci guadagna di più sono i fabbricanti di armi, Per favore preghiamo per la pace. Preghiamo per la martoriata Ucraina. I soldati giovani vanno a morire. Preghiamo per la pace fra Palestina e Israele, che siano due Stati, liberi e con buoni rapporti. Preghiamo per la pace».
Infine, durante i saluti ai fedeli polacchi Francesco ha ricordato papa Wojtyla. «Sabato prossimo (27 aprile, ndr) ricorre il decimo anniversario della canonizzazione di San Giovanni Paolo II. Guardando la sua vita, possiamo vedere che cosa può raggiungere l'uomo accettando e sviluppando in sé i doni di Dio: fede, speranza e carità. Rimanete fedeli alla sua eredità».
Come di consueto, all'inizio dell'udienza il Pontefice ha compiuto un giro tra i fedeli presenti all'udienza, accompagnato sulla papamobile bianca da quattro bambini.