Il Papa sulla loggia centrale della Basilica di San Pietro nel giorno di Natale - ANSA
Lo sguardo spazia su piazza San Pietro gremita da circa 70mila fedeli presenti, riuniti per ascoltare il Messaggio natalizio di Francesco e la Benedizione "Urbi et Orbi" del 25 dicembre. Ma il cuore del Papa è accanto a chi soffre per le guerre, e soprattutto proprio là nella terra natale di Gesù. Cuore di padre addolorato per le tante stragi di innocenti del nostro tempo e di nuovo torna a invocare la pace, dicendo un secco "no" ai conflitti e alle armi. È questo in sintesi il "grido" che si è levato ieri a mezzogiorno, dalla loggia centrale della Basilica di San Pietro nel tradizionale appuntamento con la Città e il Mondo del giorno di Natale. Il Papa ha ricordato: «Quante stragi di innocenti nel mondo: nel grembo materno, nelle rotte dei disperati in cerca di speranza, nelle vite di tanti bambini la cui infanzia è devastata dalla guerra. Sono i piccoli Gesù di oggi, questi bambini la cui infanzia è devastata dalla guerra, dalle guerre». Ecco perché «dire “sì” al Principe della pace significa dire “no” alla guerra, e questo con coraggio: dire “no” alla guerra, a ogni guerra - ha sottolineato con forza il Vescovo di Roma -, alla logica stessa della guerra, viaggio senza meta, sconfitta senza vincitori, follia senza scuse. Questo è la guerra: viaggio senza meta, sconfitta senza vincitori, follia senza scuse».
Anche nella Messa della notte, celebrata sul finire della domenica 24 dicembre nella Basilica Vaticana, il Papa aveva espresso lo stesso rifiuto dei conflitti, con un pensiero alla terra dove Dio si è fatto carne e dove «il ruggire delle armi anche oggi gli impedisce di trovare alloggio nel mondo».
No alla guerra, no alle armi
Una scelta netta, radicale, che non ammette eccezioni e deve scaturire da un altro rifiuto, di cui sempre parla papa Bergoglio. Anche nel giorno di Natale, dunque, il Pontefice ha tenuto a ribadire che «per dire “no” alla guerra bisogna dire “no” alle armi. Perché - ha spiegato -, se l’uomo, il cui cuore è instabile e ferito, si trova strumenti di morte tra le mani, prima o poi li userà. E come si può parlare di pace se aumentano la produzione, la vendita e il commercio delle armi?». La gente invece, ha detto il Papa, «non vuole armi, ma pane». La gente «che fatica ad andare avanti e chiede pace, ignora quanti soldi pubblici sono destinati agli armamenti. Eppure dovrebbe saperlo! Se ne parli, se ne scriva - ha chiesto Francesco -, perché si sappiano gli interessi e i guadagni che muovono i fili delle guerre». L'auspicio del Pontefice è invece che si avvicini il giorno profetizzato da Isaia, in cui gli uomini «non impareranno più l’arte della guerra», ma «spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci».
Una bandiera ucraina esposta dai fedeli a San Pietro il giorno di Natale - ANSA
L'atlante delle sofferenze del mondo
E per avvicinarlo più in fretta, quel giorno il Papa ha ripercorso l'atlante del dolore delle situazioni di guerra e di sofferenza nel mondo. A partire dalla Terra Santa, naturalmente, «dove la guerra scuote la vita di quelle popolazioni. Francesco abbraccia tutti, «in particolare le comunità cristiane di Gaza, la parrocchia di Gaza, e dell’intera Terra Santa. Porto nel cuore - ha aggiunto nel suo Messaggio - il dolore per le vittime dell’esecrabile attacco del 7 ottobre scorso e rinnovo un pressante appello per la liberazione di quanti sono ancora tenuti in ostaggio. Supplico che cessino le operazioni militari, con il loro spaventoso seguito di vittime civili innocenti, e che si ponga rimedio alla disperata situazione umanitaria aprendo all’arrivo degli aiuti. Non si continui ad alimentare violenza e odio, ma si avvii a soluzione la questione palestinese, attraverso un dialogo sincero e perseverante tra le Parti, sostenuto da una forte volontà politica e dall’appoggio della comunità internazionale».
Allargando quindi il suo sguardo al mondo, Francesco ha menzionato la «popolazione della martoriata Siria» e quella dello «Yemen ancora in sofferenza», il «caro popolo libanese« affinché «possa ritrovare presto stabilità politica e sociale«. Ha quindi implorato «la pace per l’Ucraina», rinnovando la su «vicinanza spirituale e umana al suo martoriato popolo» e auspicato che «si avvicini il giorno della pace definitiva tra Armenia e Azerbaigian» anche attraverso «la prosecuzione delle iniziative umanitarie, il ritorno degli sfollati nelle loro case in legalità e sicurezza e il mutuo rispetto delle tradizioni religiose e dei luoghi di culto di ogni comunità». E certamente il Pontefice non ha dimenticato «le tensioni e i conflitti che sconvolgono la regione del Sahel, il Corno d’Africa, il Sudan, come anche il Camerun, la Repubblica Democratica del Congo e il Sud Sudan, spostando prima la sua attenzione sulla Penisola coreana, per la quale ha augurato che si avvicini il tempo «in cui si rinsalderanno i vincoli fraterni, aprendo percorsi di dialogo e riconciliazione che possano creare le condizioni per una pace duratura». Poi sul continente americano, dove ha chiesto ai governanti e tutte le persone di buona volontà di trovare «soluzioni idonee a superare i dissidi sociali e politici, per lottare contro le forme di povertà che offendono la dignità delle persone, per appianare le disuguaglianze e per affrontare il doloroso fenomeno delle migrazioni».
L'appello per i migranti
«Dal presepe - ha concluso il Papa -, il Bambino ci chiede di essere voce di chi non ha voce: voce degli innocenti, morti per mancanza di acqua e di pane; voce di quanti non riescono a trovare un lavoro o l’hanno perso; voce di quanti sono obbligati a fuggire dalla propria patria in cerca di un avvenire migliore, rischiando la vita in viaggi estenuanti e in balia di trafficanti senza scrupoli». Tutto questo sia occasione per chiedere in vista dell'Anno Santo che inizierà nel dicembre del 2024 la conversione dei cuori e «per dire “no” alla guerra e “sì” alla pace; per rispondere con gioia all’invito del Signore che ci chiama, come ancora profetizzò Isaia, "a portare il lieto annuncio ai miseri, / a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, / a proclamare la libertà degli schiavi, / la scarcerazione dei prigionieri"».
Al fianco del Papa, sulla Loggia c'erano il cardinale protodiacono James Harvey, arciprete della basilica di San Paolo fuori le Mura, e il cardinale José Tolentino de Mendonça, prefetto del Dicastero per la Cultura e l'Educazione. Al termine delle parole del Pontefice e della recita dell'Angelus, il cardinale Harvey ha dato l'annuncio dell'indulgenza plenaria per tutti i fedeli, secondo le condizioni solite: "Preghiamo Dio Onnipotente - ha detto - perché conservi a lungo il Papa a guida della Chiesa e conceda pace e unità alla Chiesa in tutto il mondo". La banda vaticana ha eseguito gli inni del Vaticano e dell'Italia, come di consueto.