Il Papa durante la Messa di Pasqua - Reuters
“È veramente risorto!”. Ecco l’Alleluja del Papa nel Messaggio Pasquale prima della benedizione Urbi et Orbi. “Come una fiamma nuova questa Buona Notizia si è accesa nella notte – ha detto Francesco -. La notte di un mondo già alle prese con sfide epocali ed ora oppresso dalla pandemia, che mette a dura prova la nostra grande famiglia umana”. Lo sguardo e l’abbraccio del Pontefice si è rivolto a tutti coloro che sono stati colpiti dalla malattia. E a quanti si impegnano a combatterla.
A motivo dell’emergenza sanitaria, Francesco non ha pronunciato questo Messaggio – come è tradizione – dalla Loggia Centrale della Basilica Vaticana, ma dai cancelli della Confessione, là dove si trova la tomba dell’apostolo Pietro. Un discorso accorato, seguito alla celebrazione della Messa del giorno nella Basilica Vaticana, vuota di fedeli.
Non è tempo per indifferenza, egoismo e divisione
Ma questo, ha aggiunto, “non è il tempo dell’indifferenza, perché tutto il mondo sta soffrendo e deve ritrovarsi unito nell’affrontare la pandemia”. “Non è il tempo degli egoismi, perché la sfida che stiamo affrontando ci accomuna tutti e non fa differenza di persone” (qui il Papa si è rivolto soprattutto all’Europa). “Non è il tempo delle divisioni” (il suo pensiero è andato ai conflitti ancora in corso). “Non è il tempo della dimenticanza” (soprattutto delle crisi umanitarie, che rischiano di passare in secondo piano).
“Cari fratelli e sorelle – ha quindi aggiunto -, indifferenza, egoismo, divisione, dimenticanza non sono davvero le parole che vogliamo sentire in questo tempo. Vogliamo bandirle da ogni tempo! Esse sembrano prevalere quando in noi vincono la paura e la morte, cioè quando non lasciamo vincere il Signore Gesù nel nostro cuore e nella nostra vita. Egli, che ha già sconfitto la morte aprendoci la strada dell’eterna salvezza, disperda le tenebre della nostra povera umanità e ci introduca nel suo giorno glorioso che non conosce tramonto”.
Un discorso accorato, quello del Pontefice, seguito alla celebrazione della Messa del giorno nella Basilica Vaticana, vuota di fedeli. E alla luce della Risurrezione, che ha trasformato le ferite di Gesù “in feritoie di speranza”, il Papa davvero non ha dimenticato nessuno.
L’abbraccio ai malati di coronavirus
“Il mio pensiero – ha detto - quest’oggi va soprattutto a quanti sono stati colpiti direttamente dal coronavirus: ai malati, a coloro che sono morti e ai familiari che piangono per la scomparsa dei loro cari, ai quali a volte non sono riusciti a dare neanche l’estremo saluto. Il Signore della vita accolga con sé nel suo regno i defunti e doni conforto e speranza a chi è ancora nella prova, specialmente agli anziani e alle persone sole. Non faccia mancare la sua consolazione e gli aiuti necessari a chi si trova in condizioni di particolare vulnerabilità, come chi lavora nelle case di cura, o vive nelle caserme e nelle carceri. Per molti è una Pasqua di solitudine, vissuta tra i lutti e i tanti disagi che la pandemia sta provocando, dalle sofferenze fisiche ai problemi economici”.
Francesco ha poi ricordato che “questo morbo non ci ha privato solo degli affetti, ma anche della possibilità di attingere di persona alla consolazione che sgorga dai Sacramenti, specialmente dell’Eucaristia e della Riconciliazione. In molti Paesi non è stato possibile accostarsi ad essi, ma il Signore non ci ha lasciati soli! Rimanendo uniti nella preghiera, siamo certi che Egli ha posto su di noi la sua mano, ripetendoci con forza: non temere, ‘sono risorto e sono sempre con te’”.
Il pensiero per i sanitari
Il Risorto, ha quindi proseguito, “dia forza e speranza ai medici e agli infermieri, che ovunque offrono una testimonianza di cura e amore al prossimo fino allo stremo delle forze e non di rado al sacrificio della propria salute. A loro, come pure a chi lavora assiduamente per garantire i servizi essenziali necessari alla convivenza civile, alle forze dell’ordine e ai militari che in molti Paesi hanno contribuito ad alleviare le difficoltà e le sofferenze della popolazione, va il nostro pensiero affettuoso con la nostra gratitudine”.
Provvedere a chi rischia di perdere il lavoro
Il pensiero del pontefice è andato alla vita di milioni di persone è cambiata all’improvviso. “Per molti, rimanere a casa è stata un’occasione per riflettere, per fermare i frenetici ritmi della vita, per stare con i propri cari e godere della loro compagnia. Per tanti però è anche un tempo di preoccupazione per l’avvenire che si presenta incerto, per il lavoro che si rischia di perdere e per le altre conseguenze che l’attuale crisi porta con sé. Incoraggio quanti hanno responsabilità politiche ad adoperarsi attivamente in favore del bene comune dei cittadini, fornendo i mezzi e gli strumenti necessari per consentire a tutti di condurre una vita dignitosa e favorire, quando le circostanze lo permetteranno, la ripresa delle consuete attività quotidiane”.
Europa, non è tempo di egoismi e rivalità
Particolarmente intenso è stato l’appello all’Europa affinché non si metta a rischio il cammino di pace e il futuro delle prossime generazioni. “Dopo la Seconda Guerra Mondiale – ha ricordato infatti papa Bergoglio -, questo amato continente è potuto risorgere grazie a un concreto spirito di solidarietà che gli ha consentito di superare le rivalità del passato. È quanto mai urgente, soprattutto nelle circostanze odierne, che tali rivalità non riprendano vigore, ma che tutti si riconoscano parte di un’unica famiglia e si sostengano a vicenda. Oggi l’Unione Europea ha di fronte a sé una sfida epocale, dalla quale dipenderà non solo il suo futuro, ma quello del mondo intero. Non si perda l’occasione di dare ulteriore prova di solidarietà, anche ricorrendo a soluzioni innovative. L’alternativa è solo l’egoismo degli interessi particolari e la tentazione di un ritorno al passato, con il rischio di mettere a dura prova la convivenza pacifica e lo sviluppo delle prossime generazioni”.
Il pensiero per i poveri
"Gesù risorto doni speranza a tutti i poveri, a quanti vivono nelle periferie, ai profughi e ai senza tetto - ha detto il Papa -. Non siano lasciati soli questi fratelli e sorelle più deboli, che popolano le città e le periferie di ogni parte del mondo. Non facciamo loro mancare i beni di prima necessità, più difficili da reperire ora che molte attività sono chiuse, come pure le medicine e, soprattutto, la possibilità di adeguata assistenza sanitaria. In considerazione delle circostanze, si allentino pure le sanzioni internazionali che inibiscono la possibilità dei Paesi che ne sono destinatari di fornire adeguato sostegno ai propri cittadini e si mettano in condizione tutti gli Stati di fare fronte alle maggiori necessità del momento, riducendo, se non addirittura condonando, il debito che grava sui bilanci di quelli più poveri".
Basta guerre e commercio di armi
"Cristo nostra pace illumini quanti hanno responsabilità nei conflitti, perché abbiano il coraggio di aderire all’appello per un cessate il fuoco globale e immediato in tutti gli angoli del mondo. Non è questo il tempo in cui continuare a fabbricare e trafficare armi, spendendo ingenti capitali che dovrebbe essere usati per curare le persone e salvare vite. Sia invece il tempo in cui porre finalmente termine alla lunga guerra che ha insanguinato la Siria, al conflitto in Yemen e alle tensioni in Iraq, come pure in Libano. Sia questo il tempo in cui Israeliani e Palestinesi riprendano il dialogo, per trovare una soluzione stabile e duratura che permetta ad entrambi di vivere in pace. Cessino le sofferenze della popolazione che vive nelle regioni orientali dell’Ucraina. Si ponga fine agli attacchi terroristici perpetrati contro tante persone innocenti in diversi Paesi dell’Africa".
Non dimentichiamo le emergenze umanitarie
"Non è questo il tempo della dimenticanza - ha concluso Francesco -. La crisi che stiamo affrontando non ci faccia dimenticare tante altre emergenze che portano con sé i patimenti di molte persone. Il Signore della vita si mostri vicino alle popolazioni in Asia e in Africa che stanno attraversando gravi crisi umanitarie, come nella Regione di Cabo Delgado, nel nord del Mozambico. Riscaldi il cuore delle tante persone rifugiate e sfollate, a causa di guerre, siccità e carestia. Doni protezione ai tanti migranti e rifugiati, molti dei quali sono bambini, che vivono in condizioni insopportabili, specialmente in Libia e al confine tra Grecia e Turchia. Non voglio dimenticare l'Isola di Lesbo. Permetta in Venezuela di giungere a soluzioni concrete e immediate, volte a consentire l’aiuto internazionale alla popolazione che soffre a causa della grave congiuntura politica, socio-economica e sanitaria”.
Il "contagio" della Risurrezione
In definitiva il Papa ha invitato a esporsi a un "altro contagio”, quello della Risurrezione, "che si trasmette da cuore a cuore – perché ogni cuore umano attende questa Buona Notizia. È il contagio della speranza: «Cristo, mia speranza, è risorto!». Non si tratta di una formula magica - ha spiegato -, che faccia svanire i problemi. No, la risurrezione di Cristo non è questo. È invece la vittoria dell’amore sulla radice del male, una vittoria che non “scavalca” la sofferenza e la morte, ma le attraversa aprendo una strada nell’abisso, trasformando il male in bene: marchio esclusivo del potere di Dio".
Al termine del Messaggio, dopo l’annuncio della concessione dell’indulgenza dato dal Cardinale Angelo Comastri, arciprete della Basilica di San Pietro, il Papa ha impartito la Benedizione “Urbi et Orbi”.
La Messa del Giorno di Pasqua in Basilica
In precedenza papa Francesco aveva presieduto la celebrazione all’Altare della Cattedra, nella Basilica di San Pietro, in assenza di fedeli, a motivo dell’emergenza sanitaria in atto. E sempre per la stessa ragione, prima della celebrazione, non si è tenuto il “Resurrexit”, l'antico rito, attestato fin dal XII secolo e ripreso nel 2000 durante il Grande Giubileo, che consiste nella testimonianza di fede del Papa di fronte all’icona del Salvatore e nel gioioso annuncio della Risurrezione.
Sul presbiterio, come nei giorni scorsi, c'erano il Crocifisso di San Marcello al Corso e l'Icona della Salus Populi Romani. Nei sedici banchi posti di fronte all'altare sono presenti, oltre al cardinale Angelo Comastri, quindici persone (una per banco), tra le quali il vescovo Vittorio Lanzani, delegato della Fabbrica di San Pietro, alcune religiose e diversi laici. Il Vangelo è stato letto prima in latino, poi in greco. Il Papa non ha pronunciato l'omelia, in un certo senso "sostituita" dal Messaggio Pasquale.
Gli auguri di Mattarella
Nella prima mattinata il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha fatto giungere al Pontefice un suo messaggio pasquale. “In questo tempo di profonda inquietudine – scrive il capo dello Stato - Vostra Santità non ha fatto mancare a un’umanità sofferente la consolazione del Suo paterno accompagnamento, il sollievo della Sua concreta e generosa vicinanza, l’invito a compiere gesti di attenzione e di premura nei confronti di chi è nel bisogno sul piano affettivo, spirituale o materiale”. Il messaggio così prosegue: “Nel silenzio di Piazza San Pietro e della Basilica vuote di popolo - le cui immagini hanno toccato nell’intimo tutti, credenti e non credenti - particolarmente forte è risuonata l’eco del Suo altissimo appello ad abbandonare ogni illusorio egoismo e a vivere appieno il messaggio pasquale, percorrendo con coraggio la ’via del servizio’".