Gesù risorto dona ai discepoli, e quindi anche a noi, la pace, perché ha saputo vincere morte e peccato, la gioia, perché quando siamo tristi, possiamo “guardare al Risorto” e la missione, quella di trasformare il mondo con la presenza dello Spirito. E se non siamo in pace, come Tommaso, visitiamo chi soffre, “che è il simbolo delle piaghe di Gesù”, dalle quali scaturisce la misericordia. Così Papa Francesco prima della recita della preghiera del Regina Caeli, nella domenica della Divina Misericordia.
Il Papa commenta il Vangelo domenicale di Giovanni, che narra dell’incontro di Gesù risorto con i discepoli nel Cenacolo, la sera di Pasqua. Cristo porta tre doni, spiega Francesco: “la pace, la gioia, la missione apostolica”. Infatti le sue prime parole sono “Pace a voi”. Il Risorto, commenta il Pontefice, porta l’autentica pace “perché mediante il suo sacrificio sulla croce ha realizzato la riconciliazione tra Dio e l’umanità e ha vinto il peccato e la morte”. I discepoli erano i primi ad aver bisogno di questa pace “perché, dopo la cattura e la condanna a morte del Maestro, erano piombati nello smarrimento e nella paura”. Gesù si presenta vivo, mostra le sue piaghe, che “ha voluto conservare” e quindi “dona la pace come frutto della sua vittoria”. Ma mancava Tommaso, che quando viene informato dagli altri apostoli, “pretende di verificare di persona la verità di quanto essi affermano”. E otto giorni dopo “cioè proprio come oggi”, l’apparizione si ripete.
Gesù, racconta il Papa, “viene incontro all’incredulità di Tommaso, invitandolo a toccare le sue piaghe”. Sono la fonte della pace, perché “segno dell’amore immenso di Gesù che ha sconfitto le forze ostili all’uomo, il peccato e la morte”. Un santo, ricorda ancora Francesco lasciando il testo preparato, “diceva che il corpo di Gesù crocifisso era come un sacco di misericordia che attraverso le piaghe veniva a tutti noi. tutti noi abbiamo bisogno della misericordia”.
Avviciniamoci a Gesù e tocchiamo le sue piaghe, nei nostri fratelli che soffrono. Le piaghe di Gesù sono un tesoro, da lì esce la misericordia. Siamo coraggiosi e tocchiamo le piaghe di Gesù. Con queste piaghe Lui è davanti al Padre, fa vedere al Padre, come se dicesse: “Padre, questo è il prezzo, queste piaghe sono quello che io ho pagato per i miei fratelli”. Cioè, con le piaghe Gesù intercede davanti al Padre. Ci dà la misericordia a noi se ci avviciniamo e intercede per noi. Non dimenticare le piaghe di Gesù.
Il secondo dono del Risorto è la gioia, spiega ancora Papa Francesco, perché Giovanni racconta che “i discepoli gioirono al vedere il Signore”. Luca dice anche che “non potevano credere per la gioia”.
Il terzo dono portato da Gesù ai discepoli, prosegue il Papa, è la missione, quando dice loro: “Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi”. La sua risurrezione, chiarisce Francesco, “è l’inizio di un dinamismo nuovo di amore, capace di trasformare il mondo con la presenza dello Spirito Santo”.
Quindi, conclude Papa Francesco, siamo chiamati “ad accostarci con fede a Cristo, aprendo il nostro cuore alla pace, alla gioia e alla missione”, ma non possiamo “dimenticare le piaghe di Gesù”, perché “da lì esce la pace, la gioia e la forza per la missione”. E affida a Maria la preghiera che “lo Spirito di Cristo Risorto guidi e sorregga sempre l’azione apostolica della Chiesa, conservando fedeli alla loro vocazione i vescovi, i sacerdoti, le persone consacrate e tutti i battezzati”.
Auguri di Pasqua ai fedeli delle Chiese orientali
Nei saluti prima della benedizione, il Papa porge auguri cordiali “ai fratelli e sorelle delle Chiese Orientali che oggi, secondo il calendario giuliano, celebrano la Santa Pasqua”. E così augura che “Il Signore risorto doni loro gioia e pace!”. Infine, ringrazia “tutti coloro che in questo periodo mi hanno inviato messaggi di auguri per la Pasqua. Li ricambio di cuore invocando ogni bene per ciascuno e per ogni famiglia”.
Dopo la recita del Regina Caeli di questa seconda domenica di Pasqua, Papa Francesco ha posto all’attenzione dei fedeli e dei pellegrini in Piazza san Pietro la proclamazione, ieri, a La Rioja, in Argentina, dei beati Enrique Angel Angelelli, vescovo diocesano, di Carlos de Dios Murias, francescano conventuale, di Gabriel Longueville, sacerdote fidei donum e di Wenceslao Pedernera, catechista, padre di famiglia. Tutti argentini, ha sottolineato, tranne uno che francese, era andato come missionario in Argentina. “Questi martiri della fede – ha detto - sono stati perseguitati per causa della giustizia e della carità evangelica”. La loro testimonianza, ha proseguito, sia di sostegno in particolare a “quanti lavorano per una società più giusta e solidale”.
L'appello per i profughi detenuti in Libia
Quindi il suo pensiero è andato ai profughi in Libia: “Vi invito ad unirvi alla mia preghiera per i profughi che si trovano nei centri di detenzione in Libia, la cui situazione, già molto grave, è resa ancora più pericolosa dal conflitto in corso. Faccio appello perché specialmente le donne, i bambini e i malati possano essere al più presto evacuati attraverso corridoi umanitari”.
La preghiera per le vittime delle alluvioni in Sudafrica
Infine un invito alla preghiera per le vittime e per chi ha subito gravi danni a causa delle alluvioni che hanno colpito nei giorni scorsi il Sudafrica, provocando oltre 50 morti. “Anche a questi nostri fratelli – ha concluso - non manchi la nostra solidarietà e il concreto sostegno della Comunità internazionale”.