Siciliani
Papa Francesco ha sempre posto l’accento, negli ormai quasi sette anni del suo pontificato, sullo stile sinodale della Chiesa. Appare dunque perfettamente in linea con questa convinzione la scelta del tema del prossimo Sinodo dei vescovi, comunicata ieri dal segretario generale dell’organismo voluto subito dopo il Concilio da Paolo VI. Il cardinale Lorenzo Baldisseri, come riporta una nota della Sala Stampa della Santa Sede, ha infatti annunciato che «Papa Francesco indice la XVI assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi, che si terrà nel mese di ottobre del 2022 sul tema: "Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione"».
La Chiesa sinodale, al centro del cammino di preparazione, dunque, e poi dei lavori in aula, in programma tra due anni e mezzo. Ma proprio a motivo dell’abbondante magistero di Francesco sull’argomento non si partirà certamente da zero. Un importante punto di riferimento appare fin d’ora il discorso che il Papa tenne il 17 ottobre 2015 (proprio mentre era in corso l’assemblea ordinaria dedicata alla famiglia) per la commemorazione del 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo. «Fin dall’inizio del mio ministero come Vescovo di Roma – affermava in quella occasione papa Bergoglio – ho inteso valorizzare il Sinodo, che costituisce una delle eredità più preziose dell’ultima assise conciliare. Per il Beato Paolo VI – aggiungeva –, il Sinodo dei Vescovi doveva riproporre l’immagine del Concilio ecumenico e rifletterne lo spirito e il metodo. Lo stesso Pontefice prospettava che l’organismo sinodale «col passare del tempo potrà essere maggiormente perfezionato». A lui faceva eco, vent’anni più tardi, san Giovanni Paolo II, allorché affermava che «forse questo strumento potrà essere ancora migliorato. Forse la collegiale responsabilità pastorale può esprimersi nel Sinodo ancor più pienamente». Infine, nel 2006, Benedetto XVI approvava alcune variazioni all’Ordo Synodi Episcoporum, anche alla luce delle disposizioni del Codice di diritto canonico e del Codice dei canoni delle Chiese orientali, promulgati nel frattempo».
Il cammino - è proprio il caso di usare questa parola – del Sinodo ha dunque attraversato tutti i pontificati dal Concilio a oggi. Francesco ha dato nuovo impulso alla sinodalità nella Chiesa. E infatti in quel discorso affermava: «Dobbiamo proseguire su questa strada. Il mondo in cui viviamo, e che siamo chiamati ad amare e servire anche nelle sue contraddizioni, esige dalla Chiesa il potenziamento delle sinergie in tutti gli ambiti della sua missione. Proprio il cammino della sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio».
Sempre nello stesso discorso, il Papa enunciava poi alcune caratteristiche della Chiesa sinodale. Ad esempio la consultazione del popolo di Dio nella preparazione delle assemblee del Sinodo: «Come sarebbe stato possibile parlare della famiglia senza interpellare le famiglie, ascoltando le loro gioie e le loro speranze, i loro dolori e le loro angosce?» (la stessa cosa cosa si è fatta poi con i giovani in occasione dell’assemblea incentrata proprio su di loro).
Inoltre «una Chiesa sinodale è una Chiesa dell’ascolto, nella consapevolezza che ascoltare «è più che sentire». Per il Pontefice questo deve essere «un ascolto reciproco in cui ciascuno ha qualcosa da imparare. Popolo fedele, collegio episcopale, Vescovo di Roma: l’uno in ascolto degli altri; e tutti in ascolto dello Spirito Santo, lo Spirito della verità», per conoscere ciò che Egli dice alle Chiese». Il Sinodo dei Vescovi è dunque «il punto di convergenza di questo dinamismo di ascolto condotto a tutti i livelli della vita della Chiesa». Infine «il fatto che il Sinodo agisca sempre cum Petro et sub Petro - dunque non solo cum Petro, ma anche sub Petro - non è una limitazione della libertà, ma una garanzia dell’unità».
In sostanza, proseguiva in quella occasione papa Francesco citando san Giovanni Crisostomo, «Chiesa e Sinodo sono sinonimi». E questo ci offre anche la possibilità di comprendere meglio «lo stesso ministero gerarchico», che è soprattutto «servizio». «È servendo il Popolo di Dio – affermava il Pontefice – che ciascun Vescovo diviene, per la porzione del Gregge a lui affidata, vicarius Christi, vicario di quel Gesù che nell’ultima cena si è chinato a lavare i piedi degli apostoli. E, in un simile orizzonte, lo stesso Successore di Pietro altri non è che il servus servorum Dei».
Francesco richiamava poi anche le dimensioni "locali" della sinodalità, come ad esempio il sinodo diocesano e gli «organismi di comunione» della Chiesa particolare come il consiglio presbiterale, il collegio dei consultori, il capitolo dei canonici e il consiglio pastorale. E in conclusione sottolineava che «l’impegno a edificare una Chiesa sinodale è gravido di implicazioni ecumeniche».