Caro direttore,
ho letto con interesse su “Avvenire” di mercoledì 8 febbraio 2023, l’articolo di Francesco Riccardi intitolato «La Costituzione come (non) dovrebbe essere: la contraddizione che può negarci il futuro», dedicato al libro di Gherardo Colombo sulla distanza tra realtà e princìpi ispiratori della nostra Carta costituzionale. Viene riportato un passaggio dell’Autore che dice: «se vogliamo salvarci» da nuove guerre, dalla distruzione atomica, dai mille conflitti che caratterizzano il mondo e la nostra società «nessuno può essere discriminato». Chi potrebbe non essere d’accordo? Ma cosa significano esattamente i termini usati? Il termine salvezza, per esempio, è un termine fortemente impegnativo e carico di un significato metafisico. In proposito, le sottopongo qualche elemento di riflessione riprendendo alcune parole di un abate benedettino (Anselmo Álvarez Navarrete, “Recrear la figura del hombre”, in “Torre de los Lujanes”, pag. 270): «La realtà umana che sta emergendo sempre più chiaramente è quella di un individuo che si sta vertiginosamente distanziando dalle questioni centrali; quella di un soggetto che ha dissolto la sua ecologia spirituale ed etica, estetica e politica; allergico alle discipline morali, disposto a tollerare tutto; giustificatore di qualsiasi incontinenza e che, in questa fuga da sé stesso, porta con sé la fine della cultura. In realtà, la frattura dell’ambiente umano è avvenuta da quando l’uomo si è staccato dalla cornice divina e, sebbene questo strappo sia stato ricucito da Cristo, ogni volta che l’uomo lo riapre, mette in discussione la sua esperienza umana e adotta egli stesso il volto “senza figura né bellezza“ (Is 53:2) con cui le Scritture descrivevano il Messia crocefisso. (...) Solo nella sua verità l’uomo può arrivare a comprendere ciò che lo circonda e l’ordine dei rapporti che deve mantenere con esso. L’azione dell’uomo sul suo ambiente non ha senso finché non ha trovato il proprio senso, che è una delle sue priorità». Ecco il compito prioritario di ogni uomo che ha a cuore il presente e il futuro. Tutto il resto, ritengo, troverà la sua strada e la roccia su cui costruire una società più rispondente ai bisogni dell’uomo.
Giuseppe Salvato
Non ho la sapienza dell’abate Anselmo Álvarez, gentile e caro amico, ma so che il bene è possibile proprio a tutti e tutte, e che tutti e tutte possono cooperare a salvare se stessi e la nostra umanità dal male che è reale nel mondo e che, qui e ora, commettiamo e affrontiamo. Il male, lo sappiamo, è agire contro gli altri e le altre, contro il pianeta, contro Dio. È pretendere, noi, di farci dio. So che Gherardo Colombo, laico uomo di legge, ne è consapevole e con autentica tensione morale e civile propone antidoti, spesso rileggendo (come fa nel suggestivo libro ben recensito da Francesco Riccardi) il testo della nostra Costituzione repubblicana. È lo stesso testo su cui ha riflettuto, e attraverso il quale in diverse occasioni ci ha spronato e ci sprona a vivere bene e insieme, un uomo di Dio come il cardinale Matteo Zuppi. Sono convinto che, con le nostre differenze, possiamo contribuire a realizzare questo progetto buono e giusto che, per noi credenti, è il disegno del Creatore che ci chiede – come spiega papa Francesco – di misurarci con la realtà e di cambiarla con la forza del principio di fraternità, con un senso e una pratica della fratellanza pacifici e pacificanti. E c’è di più: continuo a sperimentare nella mia vita che l’incontro con Gesù Cristo, con la luce che viene dalla fede, illumina, rende più salda e dà orizzonte ultimo a una via della salvezza che tanti altri percorrono. E molti magari con meno cielo (o un cielo diverso), ma con più coerenza di me. Ha saputo dircelo sant’Agostino e papa Benedetto ce lo ha ricordato con semplice profondità. Tenerlo a mente dovrebbe ricordarci sempre che, anche in questo senso, “non ci si salva da soli”. Io sono grato della fede cattolica e della gioia del Vangelo che ho ricevuto in dono. Un dono benedetto, che ho accettato e che ho fatto e rifaccio mio, che non mi lascia tranquillo nell’indifferenza per le ingiustizie, le disuguaglianze e il disamore (le «discriminazioni» di cui parla Gherardo Colombo e che lei evoca), che mi spinge a resistere alle molte forme della guerra (il «cainismo» e l’ «inequità» di cui parla ancora papa Francesco) e che mi sostiene nelle mie debolezze. Non rende le cose esattamente facili, no. Ma più belle, sì.