Gentile direttore,
è il primo anniversario della morte di don Roberto Malgesini, portiamo lo stesso cognome e sono stato suo insegnante negli anni delle scuole superiori. Credo che già allora, in lui, fossero presenti i segni della futura vocazione. Sono anche convinto che se Roberto avesse continuato la sua vita da impiegato di banca, avrebbe comunque raggiunto quella che per i credenti è la santità. Mi permetto di consegnarle come testimonianza una poesia da me composta in suo ricordo, pochi giorni dopo la sua morte. «Hai camminato in silenzio / con il sorriso dei miti, / che ora urlano il dolore / del bene che hai donato. / Che ci sia un paradiso / per te e per quelli come te. / Non per noi, persi nel nulla / delle nostre parole. / Che ci sia un paradiso almeno per te, / specchio della tua dolcezza / e del tuo candore».
Massimo Malgesini
È molto bello il suo ricordo, gentile professore, e bello è il riconoscimento del “segno” che, sin da ragazzo, don Roberto Malgesini ha portato e cristianamente impresso nella realtà. Ha seguito il suo e nostro Signore, da uomo e da prete, sino al martirio per amore. E ha riconosciuto Gesù, e l’ha servito, nella gente semplice e soprattutto nei più poveri. È questa la strada per il paradiso, lo sappiamo per certo perché ci è stato detto chiaro e tondo. E questa rimane. Anche se nelle nostre società si finisce per dimenticarlo, ci si concentra spesso su tutt’altro e ci si fa incantare da chi predica e pratica l’esatto contrario. Ecco perché si resta stupefatti e come folgorati ogni volta che l’esempio di una vita buona e santa conferma a tutti, credenti e no, che il vero bene è realizzabile. E, come don Roberto ha insegnato con quotidiana concretezza, il bene si genera se siamo capaci di essere, e di sentirci, fratelli e sorelle. Se siamo capaci, per davvero, del «Padre nostro».