Francesco Sesana, Cernusco sul Naviglio (Mi)
Grazie per il consenso e l’incoraggiamento, caro signor Sesana. Ma ricordi – lo ripeto per chiarezza e non certo per polemica – che tutte le “campagne per” di Avvenire (noi “campagne contro” non ne facciamo) nascono sulle solide fondamenta dei forti riferimenti valoriali del nostro umanesimo e di quell’idea di libertà responsabile che è parte integrante della visione antropologica cristiana. E quando dico “tutte”, intendo proprio tutte.Dalle campagne per pretendere rispetto e sostegno e dare voce ai malati e disabili gravi e alle loro famiglie a quella a favore dei profughi eritrei. Da quella per i veri invalidi mortificati da una lotta contro i falsi invalidi pessimamente impostata a quella per una politica esemplare perché esercitata con sobrietà (nello stile e nei costi), con disciplina e con onore. Da quella per sostenere le iniziative all’insegna della legalità e della solidarietà nelle aree inquinate dalle mafie a quella per un fisco amico della famiglia. Da quella contro la piaga della pedofilia e della pedopornografia a quelle per difendere la vita e la dignità dei bambini non nati. Da quelle contro ogni forma di mercificazione delle donne a quelle per l’accoglienza nella legalità e nell’umanità degli immigrati. Da quelle per il lavoro “sicuro” (cioè non mortale e non irrimediabilmente precario) sino a quelle, appunto, sul «Delitto mediatico» (2010) e sulla «Tele–Mattanza» (in corso) perché al nostro Paese sia garantito (senza che ci si concentri solo sui giornaloni, sui grandi network e sui soliti noti) un «decente tasso» di pluralismo informativo. In un mondo nel quale alcuni, troppi, di tutto vorrebbero fare mercato (perché nel nome di un astuto, interessato e libertino “antidogmatismo” niente considerano intoccabile), avere “princìpi non negoziabili” aiuta a non perdere di vista nulla e nessuno, e soprattutto a tener caro l’essenziale. Il teologo Piero Coda pochi giorni fa sulle nostre pagine, a proposito del mortale scandalo della fame nel Corno d’Africa e della distrazione dei più (un’altra delle nostre “campagne per”), ha richiamato un ammonimento figlio della saggezza classica: «Sono uomo e niente di ciò che è umano mi è, dunque, estraneo». Paolo VI, nell’Ecclesiam Suam, era l’agosto del 1964, fece lievitare in modo definitivo quella consapevolezza – legandola alla vita, il più grande “bene comune” a tutte le persone credenti e non credenti – in un’affermazione direttamente positiva: «Tutto ciò che è umano ci riguarda». Ecco, sì, caro amico, abbiamo molto – moltissimo – da pensare, da fare e da amare. E ovviamente, qui, anche da scrivere.
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